Pablo Neruda e Insetti


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La clandestinità e l'esilio (1948-1952) - 1^ parte

NERUDIANA DISPERSA - vol. I (1915-1964) > da 1939 a 1952

La clandestinità e l'esilio
(1948-1952)

I
DAL NASCONDIGLIO
(1948)

I reni del generale Marshall

Il generale Marshall si alzò presto. Era contento.
Sputò la sua gomma di masticare collocandola nel cielo liscio
con mira che era proverbiale nella War Office.
Quindi allungò squisitamente i piedi sulla sua scrivania
esaminandosi le scarpe che quell'ora precoce già aveva
pulito l'ambasciatore del Nicaragua.
Tutto andava bene. Arrivò uno dei suoi aiutanti
che così come professava principi eminentemente democratici
collocò un altro paio di scarpe sul tavolo
e cominciarono a democratizzare il mondo,
servendosi prima alcuni succhi di arancia gelata.
- "Let's see the world, today, my pal" in maniera bonaccione
dice al suo aiutante, attaccandosi una gomma nella suola.
"Fine", dice l'aiutante mettendosi gli occhiali.

"In Venezuela tutto andava a meraviglia,
in una settimana abbattiamo Rómulo Gallegos,
il nostro associato militare diresse le operazioni,
l'ideologia..."
- Lascia le idiozie, interrompe il generale,
già abbiamo tutto il petrolio. Scriva: "Operazione finita."
E prenda gli ordini per il resto del giorno:
"A Somoza, gli tiri le orecchie. Che non pretenda
rubare ai nordamericani, lo conserviamo
affinché rubi esclusivamente ai nicaraguensi.
A Dutra non è necessario dargli più, basterebbe
un diploma di Yale o della Columbia.
A González Videla continui a pagarlo,
non troppo, non è necessario, quanto basta
affinché intrighi contro l'Argentina. Lui e Trujillo
sono i nostri migliori campioni, e chiedono solo
di avere le tasche piene. Li avremo contenti.
Altrimenti non potevamo avere lavoro schiavo
per tirarli fuori tutto il rame da Chuquicamata.
Al generale Franco, quello democratico scelto,
gli presti immediato aiuto affinché continui a fucilare
non più di 25 spagnoli al giorno, questo significa
appropriarci di alcuni metalli di cui dispone.
Alla Grecia bisogna mandare ufficiali con buona mira.
Bisogna difendere la cultura occidentale ammazzando greci.
Porti via alcuni statue antiche che non gli servono oramai
e le cambi per bottiglie di Coca Cola. Paghi
cento bottiglie per ogni fucilazione ed insignisca
quelli che hanno violato le ragazze greche.
Quegli ufficiali devono essere stimolati."

In questo momento ricevè la notizia.

L'aiutante, con lacrime negli occhi, gli dice: "In Cina
si sono decisi a comandare i cinesi. Avanzano
verso Shanghai. È caduto Pei-Ping.
Non sono disposti a ricevere i nostri ordini.
Chiang ci ha rubato. Che cosa faremo? I comunisti
non potremo comprarli, e non siamo riusciti a sterminarli."

Il generale Marshall sentì qualcosa che scivolava
all'indietro, nella sua schiena, come se gli stesse nascendo una coda.
Si toccò soavemente, dopo con allarme.
Gli era stato staccato un rene con quella notizia.
Da allora ha dato ordini allo State Department
di cercargli un nuovo rene. Si affrettano gli esecutori
in Grecia, nella penisola Iberica, scegliendo
tra i cadaveri, un buon rene
per sostituire il rosicchiato rene del generale.
Bisogna sterminare nel mondo la gente giovane,
scegliendo prima di sparargli: essi necessitano
una viscera in stato eccellente. Forse tu stesso
sei già indicato, forse il tuo rene serve
affinché la nefrite di Marshall si arresti
e possa continuare a civilizzare al mondo.
Natalicio in Paraguay cerca affannosamente
tra i giovani guaraní quello di migliore eleganza,
e l'esamina con occhio di macellaio. Giornalmente
gli arrivano reni incartati al generale al sanatorio.
González Videla ha cinquecento uomini in Pisagua
sperando ansiosamente che finiscano di morire:
forse tra essi sta il rene che manderà sorridendo
come sua abitudine, e che può salvare il suo governo.
"Abbiamo bisogno di reni con urgenza" dicono gli avvisi luminosi
degli olandesi che ispezionano avidamente
agli indonesiani, pronti per approfittare di una disattenzione
e lanciarsi su di loro a praticare un'operazione lombare.

Nel frattempo l'onorevole generale nel suo sanatorio
lancia furibundamente la sua gomma di masticare
su alcuni ambasciatori latinoamericani, esigendo
che tirino fuori come possono il rene che gli manca.
"Non importa come sia", dice loro, "voi
non servite solo per pulirmi gli stivali,
dovete somministrare quell'organo che necessito
per consolidare la cultura occidentale e vender refrigeratori."

Ma dicono alcuni indovini, lontano, lontano da lì,
che le cose non stanno tanto bene come si suppone.
E che lontano da soppiantare la viscere perduta
in Cina, in altri paesi, gli uomini decisi
lottano fino alla morte per le loro patrie amate.
Presto cadrà dall'altro lato
il penultimo rene del generale Marshall.

Onore, onore, onore
alla guerra del paese, alla vittoria
dell'uomo da tutte le parti: si avvicina già
la grande aurora di seme rosso.
Ci sono lacrime dietro questi sorrisi. Speriamo.
Abbiamo molto da lottare ancora.
Facciamo il possibile affinché tutti i giorni il suo aiutante
porti brutte notizie all'uomo senza reni.

In qualche punto dell'America, 1948

Edito in Pablo Neruda,
Poesía política, 1953,
antologia, vol. I, pp. 109-113.



II
ANTOLOGIA POPOLARE DELLA RESISTENZA
(1948)
ANTOLOGÍA POPULAR DE LA RESISTENCIA. (Pagine 739-760.) Dobbiamo a Robert Pring-Mill, professore della Oxford University e gran studioso di Neruda e della poesia popolare cilena (di Violeta Parra in particolare), la ristampa facsimilare di questo opuscolo edito clandestinamente nel 1948 sotto il marchio Ediciones de la Resistencia (alla fine dell'opuscolo: "Pubblicato in Santiago del Cile in pieno regime di dittatura"). Pring-Mill lo fece ristampare nel 1993, in occasione del Simposio nerudiano auspicato dalle Università di Oxford e Warwick. Questa antologia fittizia - dato che sotto gli pseudonimi si nasconde il poeta clandestino - manifesta la volontà di identificazione di Neruda con l'individuo popolare e contemporaneamente la sua incredibile varietà di risorse metriche e retoriche. Nell'ultima pagina dell'opuscolo, al piede dell'indice, c'è una nota di tipo borgiana su uno degli autori fittizi:

FRANCISCO J. TALERO. Questo famoso scrittore della resistenza, oltre alle sue attività tanto celebrate di poeta popolare, investigatore del folclore del Nord Chico, è stato minerario, esploratore, navigatore e, attualmente, svolge importanti attività nel suo paese natale.

Sicuramente Neruda pensò di scrivere una nota simile per ognuno dei "autori" compresi nell'Antologia, e magari lo fece, ma le altre note non arrivò a scriverle oppure si persero durante qualcuno dei suoi vari spostamenti da un rifugio ad un altro. Dall'opuscolo abbiamo escluso il poema "La patria prisionera" di Pablo Neruda (in questo volume, pp. 609-610) ed altri due, di autori conosciuti, che qui riproduciamo a titolo di curiosità e per il suo sapore di epoca:

Avrà il suo fanale

[
ovillejo] di Nicolás Guillen

Come si chiama l'infedele
che dal suo paese elevato,
quel paese ha tradito
quando più si fidava di lui?

GABRIEL

I suoi istinti infernali
dietro bianco sorriso nasconde:
a che cognome risponde
questo modello di animalei?

GONZÁLEZ

Colpisce, ammazza, imprigiona,
sangue di operai versa:
come è che si chiama anche
chi così il Cile svena?

VIDELA

Ma il paese si ribella già:
dopo la notte verrà il sole:
pronto avrà il suo fanale
GABRIEL GONZÁLEZ VIDELA!

Tempo americano

da Julio Moneada

(Acrostico edito [innocentemente]
nella pagina letteraria del quotidiano
ufficiale
La Hora nella sua edizione
della domenica 21 novembre 1947)

M io cuore nella tenerezza brucia
E i1 vento della luce americana.

C anta il mio cuore, semplice tettoia,
A vanti il fuoco pulito di domani.
G rida il mio cuore come la terra
O dimentico questo Dio nella finestra.

E i1 paese passa con la luce tranquilla,
N on potè suonare più la sua campana.

T ardi di storia per il mio giorno suona
R ompendo questa tenerezza che mi abbraccia,
U n giorno ti vedrò alto e sereno,
M ano della tristezza che mi aspetta
A vanti il futuro che si alza pieno,
N otturno e melodioso per il soggiorno.

Ai combattenti della Resistenza
A LOS COMBATIENTES DE LA RESISTENCIA. (Pagina 739.) Benché non firmata, questa premessa o presentazione fu scritta da Neruda, come confermarono a Pring-Mill lo storiografo Álvaro Jara - responsabile della sicurezza di Neruda e Delia durante la clandestinità, morto da poco - e Volodia Teitelboim.

Non solo la classe operaia del Cile - vittima principale della repressione -, bensì molti altri settori hanno manifestato con diversi atti il loroo violento ripudio verso la corrotta e bestiale dittatura di González Videla.
Questa prima antologia della protesta clandestina di scrittori operai ed intellettuali della resistenza non pretende dare solo una dimostrazione dell'immenso materiale che circola nel nostro paese ed all'estero e che in un modo o nell'altro rivelano la dignità e l'altezzosità del nostro paese, sorte delle migliori tradizioni di lotta per l'indipendenza della patria.
Questo primo quaderno sarà seguito di altri che completeranno la storia di questa epoca ed il suo riflesso nel combattimento immortale per l'onore, la libertà ed il decoro del Cile.


Il paese ti chiama traditore
EL PUEBLO TE LLAMA TRAIDOR. (Pagine 739-741) Evidente e furiosa palinodia di "El pueblo te llama Gabriel" (p. 594). Conviene ricordare che González Videla aveva fatto nel 1946 giuramenti pubblici del tipo: "Io assicuro a voi che non ci sarà potere umano o divino capace di rompere i fili che mi uniscono al Partito Comunista ed al popolo" (citato da Collier e Sater, p. 218).

per J. Aguilera d'aquila


Del fondo amaro della miniera
fino al campo dell'agricoltore
in un grido che non finisce
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Alza il lavoratore della pampa la fronte
coperta di polvere e sudore
ed alto ti grida raucamente
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Il colonizzatore sloggiato
qualcosa ti dice nel suo dolore
egli stette prima al tuo fianco
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Piange la donna del minatore
e la sua cella di orrore
si accusa come carceriere
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Che cosa dice ora l'emigrato,
ospite del Cile e del suo onore?
È nella cella imprigionato,
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

I sindacati abbattuti.
Il giorno di odio e di paura.
La notte piena di soldati.
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

La madre affamata nelle strade,
ma il suo pianto straziante
sta scrivendo il tuo destino:
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Perché non vai a Lota un giorno
senza ammiragli, senza terrore,
senza carri armati, senza artiglieria?
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Fame e silenzio, odio e censura.
Gloria e promozione al delatore
patria venduta ed amarezza
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Ma della nostra terra intera
sale un altezzoso splendore.
Già ritornerà la primavera
IL POPOLO TI CHIAMA TRADITORE

Già ritornerà la primavera.
Seppelliremo il dolore
che causasti alla patria intera
ed in quell'ora giustiziera
il paese alzerà la sua bandiera
TRADITORE, TRADITORE, TRADITORE.


Il conquistatore dell'Antartide
EL CONQUISTADOR DE LA ANTÁRTICA. (Pagine 741-743.) Durante il suo mandato il presidente González Videla - soprannominato Papero Pazzo non solo dai comunisti - fece un viaggio all'Antartide per affermare la sovranità naturale del Cile su una frangia di quello continente. - Conquistatore di samba: causarono sensazione le foto del sempre sorridente González Videla che ballava animate sambe brasiliane in uno dei suoi viaggi all'esterno. - Ángel Veas: dirigente comunista, una delle vittime della Legge di Difesa della Democrazia.

per Julio Ruiz


I. IL PAPERO PILOTA

Mentre sale di prezzo il cibo,
l'affitto, i vestiti, le scarpe,
a conquistare terra sconosciuta
per aria, terra e mare cammina il Papero.

Prieto Concha dirige la partenza,
Meneno Bulnes si intromette un momento
e tra onde di champagne agitate
Rivera ottiene filo di ferro per contratto.

Volendo così occultare i suoi tradimenti.
Evviva la festa! il Papero ad errori
grida, gracchia, annettendo terra morta.

Oh Papero Pazzo! Tutto sarà inutile
il paese avvicina la sua implacabile mano
e colpirà in un giormo e nella tua porta
.

II. NON DOVETTE RITORNARE

Mentre aumentano il pane, la casa, l'abito,
comandano la mancia e la subornazione immonda,
mentre alzano il gas ed il trasporto
il Papero Pazzo ci conquista un mondo.

Mentre la fame avvicina la sua veste
alla casa del cileno, ed un profondo
sentimento di colera e coraggio
si avvicina secondo per secondo,

il Papero Pazzo rinchiude e minaccia,
gesticola, maledice ed imbavaglia
ed in un coraggioso attacco di saliva

ci offre una terra senza frontiera
dove dovette rimanere con Rivera,
con Prieto Concha e con la comitiva.

III. L'OMBRA DEL POPOLO

Conquistatore di samba nessuno inganni,
Pisagua ascolta, il tuo tradimento ti segue:
con te si alza e ti accompagna
l'ombra di Ángel Veas ti perseguita!

Chi ieri abbracciasti nella tua campagna
ordinasti di ammazzare... Nessuno mitighi
la tua colpa in questo crimine ed la tua rabbia!
L'ombra di Ángel Veas ti punisce!

Balla, festeggia, grida, agli angoli
accorri a seppellire i tuoi tradimenti
non importa già se balli o passeggii.

Il paese aspetta un tocco di campana
quando ritorni dal ballo una mattina
troverai l'ombra di Ángel Veas!


Piedistalli del Regime
PEDESTALES DEL RÉGIMEN. (Pagine 743-744.) Su queste e su altre figure della corte di González Videla ci sono riferimenti nei discorsi e documenti parlamentari di Neruda. Da Brun D'Avoglio, per esempio, nella "Carta íntima para millones de hombres", sezione 12 (p. 694-695 di questo volume). Vedere anche le note di Enrico Mario Santí alla sua edizione di Canto general, Madrid, Cátedra, 1990, col. Letras Hispánicas num. 318.

per J.A. Carrasco


LUIS BRUN D’AVOGLIO

Chi è? Da dove esce? Chi è stato?
Chi conobbe questo rospo nel suo buco?
Si domanda in prigione quello perseguito
e sanguinando domanda il prigioniero.

Che incrocio di gallina e fuorilegge
(parto di bacinella e di calamaio)
ha dato alla luce questo neonato
tra pugnali di carabiniere?

Non riuscirà a saperlo, fratello mio,
non conobbe suo padre né suo zio
nacque da un soffio questo spione funesto.

Sua madre fu signora Tradimento Oscuro.
Suo padre fu traditore con dentatura
il suo nome: Muco Vile del Presupposto.


DARÍO POBLETE NÚÑEZ

Se tra gli escrementi si cercasse
un verme fecale, in una ritirata
troverete uno dal giallo viso
colore di merda antica: quello è Poblete.

Nipote di Laval, chi lo dotò
di ufficio, di campanello e di intestazione
per fare da zerbino e da paravento
al generale, al capo ed al cadetto,

conosceva molto bene le sue condizioni
e la materia prima di informatori
che formano la sua struttura di ruffiano.

Il campione della stampa è un sarcasmo!
Il nuovo ricco di palazzo un asino!
Non date un cippo, bensì Una Poblete!


RAFAEL MALUENDA

Torto, rugoso, brutto, infuriato
venditore di magazzino, tonto di negozio,
passò da venditore ad essere venduto
e da scrittore ad essere Rafael Maluenda.

Simbolo fu il suo pantalone logoro
e l'attuale efficacia della sua tenuta
di "contatto sociale" e "buon senso":
non c'è niente in Rafael che non si venda.

Vende la sua classe, vende il suo cognome,
vende il suo mezzo mantello pentito
riscuotendo come Giuda il suo denaro,

mentre gli Edwards, soavi e felici
lo sopportano stringendo le narici
pagando quello che scrive il suo denaro.


Il Faraone ed i suoi Mulatti
EL FARAÓN Y SUS MULATOS. (Pagine 745-747.) La escena se desarrolla en la «Casa donde Tanto se Traiciona (La scena si sviluppa nella "Casa dove Tanto si Tradisce)": una delle tante parodie di "La casa dove tanto si soffre", celebre frase coniata dal presidente Arturo Alessandri Palma in uno dei suoi discorsi, alludendo ovviamente a La Moneda, il palazzo presidenziale del Cile.

per Juan Talero


Sono le otto della mattina. La scena si sviluppa nella "Casa dove tanto si Tradisce." Entra il Faraone da sinistra, ballando rumba, per uscire da destra, verso un lampione.

SCENA UNICA

F. A leccarmi le scarpe
avanti, Mulatti!

(Rapido ed a quattro piedi
si avvicina Ramón Cortés.

Bacinelle e gabinetti
corrispondono a Poblete)

M. Qui hai, sovrano,
le lingue di due nani

con una sola funzione:
lasciaci leccare un momento

le tue scarpe
Faraone!

Ti otterremo a buon mercato.
(Sono commercianti di Mulatti
La Nación
e l'Immigrazione.)

Di che complotti prepariamo
e tutto sistemeremo.
Vuoi spie rumene
o slovene?

Noi c'incarichiamo.
Già te li troveremo.

F. A leccarmi le scarpe!
Già siete ben pagati con
La Nación
e l'Immigrazione.
Commercianti per Mulatti!

M. Vuoi calunniare qualcuno?
È il momento opportuno.

Qualche paese di oltremare
non riverisce la tua altezza?
Vuoi qualche rottura?

Tutto te lo sistemeremo
leccandoti le scarpe.
(Buoni commerci abbiamo:
La Nación
e l'Immigrazione
ci dettero i Mulatti.)

F. Voglio annettermi la luna.

M. Che idea più opportuna!
Che emozione e che allegria!
Puoi contare d'ora in poi
su tutta la polizia!

F. Ora uscite da questa sfera
prima che arrivi Rivera.
Guadagnate i vostri fagioli.
Io non mi mischio con le rotture.
Devo vedere i Claro
i Zañartu, i Bulnes,
i Prieto e Larraín:
per essi alzo i prezzi.
Che muoiano di fame gli ignoranti!
Che aristocratico mi sento!
Mi servì quel matrimonio.
Essi maneggiano finalmente
i commerci dello Stato
dall'Antartide ad Arica.

Poblete, lasci la scarpa!
Lavasti la bacinella?

Lascia in essa a sufficienza
per la vostra penna!

(Si ritira a quattro piedi
prima Ramón Cortés
con un’ultima leccata
Darío Poblete è andato via.)

Molto denaro hanno guadagnato
con questo lavoro onesto
leccandogli le scarpe
al Faraone i Mulatti:
la sua lingua gli è costata!

TIRI FUORI IL POPOLO SOVRANO
LA SUA DEDUZIONE QUESTA VOLTA
SERVÌ DUNQUE
QUESTA STORIA INFELICE
PER MOSTRARE IN CHE MANI
O IN CHE PIEDI
STA QUESTO POVERO PAESE.


Rivelazioni sensazionali sugli attentati ferroviari
REVELACIONES SENSACIONALES SOBRE LOS ATENTADOS FERROVIARIOS. (Pagine 748-750.) Versi 5-6: las consignas horrorosas / con que se hacen estas cosas (le consegne orribili / con cui si fanno queste cose): questi due versi che non appaiono nell'Antología, i tomi degli originali sono conservati nella collezione nerudiana di Cesar Soto Gómez.

per Francisco J. Talero


Non siamo veloci
nel fabbricare attentati

in tutti i loro particolari
spiegheremo, signori,

le consegne orribili
con cui si fanno queste cose.

Arriva di una gozzoviglia
Hitler González Videla

sta pulendo la toilette
Goebbels Darío Poblete

lo chiama e solennemente
dà lavoro alla sua mente.

Goering d'Avoglio è arrivato:
tutto è pianificato.

E D'Avoglio al Commissario
consegna tutto il rosario.

Il commissario alla sua gente:
- "L'ha ordinato il presidente."

Per queste ed altre ragioni
si agita Investigaziones

e tra venticinque agenti
tirano fuori e mettono addormentati.

Si collocano esplosivi
gli esce più produttivo.

E se non si trovano bene
tirano pietre al treno.

O lasciano in un angolo
un "Piano di Rivoluzione"

o mettono in un guardaroba
un documento "straniero"

o il Reichstag senza previo avviso
bruciano in Valparaíso.

Questo è il procedimento,
tanto antico come il vento

e dopo elogi sinceri
nella centrale di Pateros

che come è di tradizione
si riunisce in
La Nación

e così è il paese salvato:
si scoprì l'attentato!

Le prigioni sono piene
ma non basta alle iene.

Ahi patria, che notte triste!
Ahi Cile, dove cadesti!

Già spiegai dove nasceva
un "attentato" che esplode.

O un dormiente che si trova
in una lontana via.

SI FA COME SI FACEVA PRIMA:
NON PROGREDISCE LA MARMAGLIA.

Gli ideologi del Regime
LOS IDEÓLOGOS DEL RÉGIMEN. (Pagine 750.751.) Nel poema dedicato a Holger (p. 751), verso 4, (las) micros: abbreviazione santiaghena della parola che designava a piccoli autobus in origine, cioè i microbuses (minibus), ma che passò a designare genericamente agli autobus col tempo (con cambiamento al femminile: las micros) perfino in opposizione ai piccoli autobus che apparvero molto dopo, comunemente chiamate liebres (lepri).

per Heriberto Gómez


I. FRANCISCO BULNES CORREA

Se tra gli asini un concorso avesse
essi nel suo recinto e nel suo decoro
cercherebbero un asino che esibisse
l'asino in ognuno dei suoi pori.

Asino di lingua, asino di cervello,
asino di selezione, asino tesoro
asino che ancora più asino diventasse
benché questo asino si caricasse di oro.

Per quanto sembrasse insensato
questo asino fu contrario ed eletto
come l'asino più asino fino ad oggi trovato.

Quindi comprò una poltrona questo asino ricco.
Francisco Bulnes è questo asino:
sentitelo ragliare nel Senato!

2. ÓSCAR KOLBACH

Se a La Moneda andate benché obbligati
a commerciare in quel letamaio
non vi confondiate fino a lasciare appeso
nella fronte di Kolbach il cappello.

Non prendiate come gruccia all'avvocato
per la sua frondosa fronte di attaccapanni:
le sue corna sono anche rispettate.
Ed essa l'ha prodotto il suo denaro.

Sotto quelle corna trovò il Payaso
il disegno di legge della bastonata
per lasciare il Cile sordo e muto.

Per la sua specialità e compiacenza
meglio che incaricasse il Sua Escremenza
un disegno di legge anticornuto.

3. INMANUEL HOLGER

Inmanuel, ineffabile cacasenno
dietro te saccheggiano il cileno.

Inmanuel, la tua uniforme di soldato
occulta mance, microfoni, negoziati.

Inmanuel, la tua uniforme di marinaio
occulta filo di ferro, dollari, "pinguini."

Inmanuel, ineffabile, la tua figura
occulta crimini e sepolture.

Inmanuel, tra furbi e pagliacci
non si distinguono quali sono i suoi passi.

Inmanuel, sei nazi e straniero;
per noi il Cile è al primo posto.

Inmanuel, Inmanuel, incamminati presto
a Norimberga col tuo viso di tonto,

prima che cominci la battaglia
in cui cada il Payaso ed il suo paralume.

Il Rettore a Bogotà
EL RECTOR EN BOGOTÀ. (Pagine 752-753.) Il personaggio in riferimento è Juvenal Hernández, rettore dell'Università del Cile per vari periodi.

per Francisco J. Talero


La destra che credeva
Juvenal di sinistra
e la sinistra che vedeva
il Rettore con brutta vista,
tutti si sono sbagliati
a Bogotà, che allegria!
il Rettore si è scoperto.

Fu fermo nel suo sillogismo
che in gran silenzio spieghiamo.
"Tutti contro il comunismo!"
"Abbiamo bisogno di prigioni!"
Nel suo entusiasmo audace
e nel suo zelo bellicoso,
disse: "L’America ha avuto
fino ad oggi poche celle!."

"Prigioni, sciabole, rancori,
ci sono necessarie, signori",
e fu chiaro come l'acqua
nella sua parola sincera.
"Voglio che America intera
sia una immensa Pisagua!"

Dal Cile fu istruito
affinché questa commissione
avesse un successo pazzo.

Fu triste quel successo.
Si sorpresero un po'
e domandò un straniero:
- È il suo mestiere carceriere?

Ebbe felicitazioni
di Trujillo e dai suoi informatori.
E Marshall entusiasta
volle pagarlo in contanti.

Quelle furono funerali
dell'America indipendente
e parlavano lì i mali
di questo povero continente.
I vassalli con cecità
vendevano la loro patria intera
ed nel consegnare la sua gente
il Rettore fu il più ardente.

In quella conferenza
si seppelliva la decenza.

CI È SEMBRATO MALE
VIVERE CON TALE DISSIMULAZIONE
ED AL FINE IN UN FUNERALE
FINIRE MOSTRANDO IL CULO
(MALE STETTE JUVENAL!)

Sei personaggi alla ricerca di un lampione

per Francisco J. Talero


I. GABRIEL GONZÁLEZ VIDELA

Da Lota a Tarapacá
e da Pirihueico a Praga
io tradii quanti potei
e tutti quelli che trovavo:
eseguii solo gli ordini
che da Washington mi davano
per il trattato argentino
o per inviare a Pisagua
a quelli che mi elessero.
Non sono colpevole di niente.
Sono come Laval o Quisling.
Tradisco perché mi pagano!

2. GERMÁN VERGARA DONOSO

Mi ricevette da fascista
e da franchista in Spagna,
un bel conte
mi impartì gli insegnamenti.
Ditemi, volete rompere
con la Siria o con la Gran Bretagna?
Io metterò nelle valigie
di consoli ed ambasciate
documenti misteriosi,
fatture falsificate,
enigmatici messaggi,
spaventosi telegrammi.
Dio e Franco me lo esigono.
Ed al padre Truman gli piace!

3. JUAN BAUTISTA ROSSETTI

Il negoziato è il negoziato!
Non capite socialisti sempliciotti?
Devo riempire le mie tasche.
Devo riempire le mie cassapanche.
La mia proprietà di
La Opinión
non dà abbastanza guadagni.
Dobbiamo vendere il Cile
con le sue miniere ed i suoi porti
coi suoi uomini e le sue case.
Tutto a poco, signori!
Approfittate di questa momento,
sono mercante ed il mio socio
Sua Eccellenza mi accompagna.
Non abbiamo competenza!
Ed un ultimo ribasso
solo per Wall Street:
TRENTA DINEROS LA PATRIA!

4. LUIS BRUN D'AVOGLIO

Sono il Fouché di questo regime.
Fabbrico complotti e carte.
Faccio alzare dormienti.
Ordino lanciare sassate.
Devo mantenere strapiene
le sabbie di Pisagua.
Incendio, se me lo chiedono,
ferrovie o dogane.
Ed incolpo i comunisti
o le suore domani
purché mi paghino.
Io non ho ideologia:
un assegno mensile
e sei amanti mi bastano.

5. RAFAEL MALUENDA

Fui contrabbandiere di oppio.
Fui processato per truffa.
Ora sono moralista
della stampa benestante.
Fui ridicolo, fui scrittore.
Oggi la mia penna mercenaria
mi alimenta e mi pento
della mia vita depravata.
Che mi servano da monito
quelle povertà passate.
Dirigo Gabriel González
con l'occhio che mi manca.
Guadagno trentamila al mese.
Vendo l'inchiostro e l'anima
e sono anticomunista
perché entrai nell'aristocrazia:
il mio obbligo è succhiare
calzini agli Edwards.
Così mi guadagno da vivere
col mio sudore e la mia bava.

6. LUIS SILVA SILVA

Traditore mi chiamò Gumucio.
Ma non me ne frega niente.
Walker mi chiamò traditore.
Ed io seguo dove stava.
La mia religione è semplice
e deve essere apprezzata:
i ricchi hanno ragione
non appena fanno o non fanno
ed i poveri devono solo
fare quello che gli si comanda
o essere relegati
in Patagonia o a Pisagua.
Per quel motivo Gabriel González
è l'eroe della mia anima!
Hanno ragione le borse!
Un libro di assegni è
il mio Sermone della Montagna!
Con più ragione se sono dollari
le Sacre Scritture
di san Truman o san Marshall!
Viva san Dollaro, san Peso,
santa Peseta della Spagna,
san Franco, santa Sterlina!
Questi santi suonano bene
e sono dell'aristocrazia.
La mia religione è semplice
e nutre come una vacca!

Si richiama a concorso per erigere un monumento
all'Escrementissimo signor González Vidala

per Heriberto Gómez


Convochiamo il talento,
si richiama l'intelligenza:
si tratta di un monumento
dedicato l Suo Escremenza.

Il piedistallo deve essere
bello e ben disegnato
con le promesse mentite,
giuramenti traditi,
lacrime di coccodrillo
e progetti calpestati.

Sua Escremenza deve stare
composto di questa maniera:
scarpe di polizia,
le tasche di Rivera,
ventre dell'oligarchia,
unghie di impresa straniera,
sguardo di prostituta,
sorriso di teschio,
con gilet di traditore
ed insanguinata pettorina,
ed una corda di boia
che gli circonda le anche.
Non devono portare nelle sue mani
La nostra adorata bandiera,
orgoglio dei cileni
e sole della patria intera,
ma devono mostrare
quelle mani traditrici
i trenta dollari di Giuda
conservati nel suo portafoglio.

Tutti i suoi accompagnatori
deve mostrare la scultura:
un gruppo coi ladri
che nel suo governo speculano
e questi devono esibire,
recinti, microfoni, zucchero
e tutto quello che rubarono
durante la dittatura;
deve vedersi Sua Escremenza
che da un bacio a Mr. Truman,
ed un gruppo di carcerieri
devono circondare la sua figura
mostrando gli strumenti
con cui esercitarono la tortura,
i bastoni per il popolo,
la matita della censura,
i fili di ferro di Pisagua
e, incoronando l'altezza,
una nuvola di informatori,
un uragano di calunnie,
una tempesta di crimini
ed un vomito di denunce.

Deve, finalmente, contemplare
il futuro monumento
con lettere enormi
i crimini del governo:
la carestia di tutto,
i campi di prigionieri,
la libertà calpestata,
la persecuzione a Pablo
Neruda ed al pensiero,
la Costituzione macchiata
per i malvagi corrotti
che insieme a Sua Escremenza
sono usciti dall'inferno
per condannare alla fame,
alla prigione ed al silenzio
la nostra cara patria
ed il suo tradito popolo.

Si sa già la notizia.
Il concorso è aperto!
Gli artisti concorrenti
devono inviare il loro progetto
da oggi all'Escrementissimo
signor González Veneno
affinché continui ad apprezzare
quello che sarà il suo ricordo
QUANDO PENDERÀ DA UN LAMPIONE
PER LA VOLONTÀ DEL POPOLO.

Due sonetti repubblicani
DOS SONETOS REPUBLICANOS. (Pagine 759-760.) Questi due sonetti, inediti fino ad ora, furono scritti dentro la stessa linea della "Antología popular de la Resistencia". Li riproduco da una copia ottenuta da Pring-Mill dalla famiglia Perelman nel cui casa si rifugiò per un po' Neruda.

1
Nacqui traditore. Mentii col vagito.
Un tradimento fu il mio primo sorriso.
Un tradimento fu il mio primo battito.
Ed una slealtà fu la mia nutrice.

Da scolare a traditore aumentai
ed allora nella loggia o nella messa
tradii quello che mi fu chiesto.
Un calamaio traditore fu la mia divisa.

Arrivai più lontano. Giuda vagabondo
mi lanciai a tradire tutto il mondo
rapidamente in treno o aeroplano.

Piansi nella miniera, e tradii il minatore
e come presidente il Cile intero
tradii per l'oro americano.

2
Continuerò a tradire ad ogni ora
il radicale, il frate, l'indeciso,
l'agrario, il pompiere, la signora,
ad Antofagasta o Valparaíso.

Tradirò nella notte o nell'aurora
con precauzione, con arte, con incantesimo,
con lentezza glaciale o senza esitazione
nell'udienza, per strada, nel battesimo.

Chiamerò il militare per venderlo
come chiamai l'operaio per vederlo
imprigionato, tradito, ferito.

E se il mio destino continua ad andare
fino al lampione, andrò tradendo
e morrò traditore come sono nato.

I due ultimi sonetti inediti furono scritti in
la clandestinità, in casa di Simón ed Elisa Perelman,
Santiago, durante l'inverno del 1948.



III
L'ESILIATO IN MESSICO
(1949-1950)

Il mio paese, come voi sapete...
MIS PAÍS, COMO USTEDES SABEN... (Pagine 761-769.) Questo discorso stabilisce il momento culminante della breve adesione di Neruda alla chiamata realismo socialista, o meglio, al codice artistico e letterario più o meno ufficializzato e dominante nei paesi socialisti, particolarmente in epoca staliniana. Qui il poeta dichiarò la sua personale decisione di non includere poemi di Residencia in un'antologia ungherese. Qui emise anche le sorprendenti opinioni su Sartre e T.S. Eliot che avranno eco in "Los poetas celestes" di Canto general, cap. V, II (in OCGC, vol. I, p. 586) ed in altri testi del periodo. Al proposito magari è opportuno ricordare che le idee o concezioni teoriche di Neruda su letteratura e poetica cambiarono secondo le vicissitudini la sua scrittura, vale dire, della sua vita. Ogni sua opinione sopra significato e ragione della letteratura fu normalmente l'affermazione della sua propria prassi poetica in QUEL momento della sua traiettoria. Tale comportamento a mio giudizio fu sincero e coerente con l'indole della sua opera. E con lo sviluppo della sua vita personale. Per questo Neruda non si preoccupò mai di giustificare o chiarire a fondo i cambiamenti "teorici" che successivi testi mettevano in evidenza, come neanche giustificò né rinnegò i suoi poemi "settari" questo periodo, neanche quello che scrisse in occasione della morte di Stalin (Las uvas y el viento, VI, v, "En su muerte": OCGC, vol. I, pp. 998-1004) o le accuse che scriverà contro il poeta Mao Tse-tung che invece elogia qui. I suoi "chiarimenti" erano i testi stessi. Per cui non è pertinente né produttivo (né giusto, io aggiungerei) citare le opinioni teoriche di Neruda (le sue varie arti poetiche in prosa o in verso) fuori del contesto biografico in cui le scrisse.

Il mio paese, come voi sapete, è il più lontano della nostra America. È stato occultato accuratamente dalla cordigliera, dal mare e dal feudalesimo.
Tuttavia, molto presto, grandi potenze fissarono la loro attenzione a quello territorio esile e ferito. Così accadde nel mese di giugno di questo anno. Due grandi nazioni vollero invitare in quell'istante due cileni. Il governo degli Stati Uniti dell'America del Nord invitò il generale in capo dell'esercito cileno. Io non sono generale, sono semplicemente un poeta, e tuttavia in quell'istante una gran nazione mi invitò a visitarla. Questa nazione fu l'Unione Sovietica, e quasi nelle stesse ore in cui il generale cileno si dirigeva a annusare da lontano la bomba atomica, io volavo a celebrare l'anniversario di un antico poeta, di un profondo e pacifico poeta: Alexandr Serguéievich Pushkin.
Già da tempo il generale tornò alla mia patria. Io non sono potuto ritornare, tra le altre cose, perché non sono sicuro che tra quelle pallottole che il generale acquistò nel suo viaggio, non ce ne sia qualcuna che mi sia destinata. Il fatto è che dal suo ritorno nel mio paese si è fomentato lo spirito bellico, e questo generale, compiendo forse quello che crede il suo dovere, scrive articoli su geopolitica e pretende con essi che la mio terra lontana si trasformi in un arsenale per una guerra extracontinenntale. E mi sembra, sarà bene dirlo, che non ci sono solo parole dette dopo questo invito, mi sembra anche che ci sono basi militari, e che le barche viaggiano dai grandi porti nordamericani verso le terre australi carichi di armi. Il fatto è che poco dopo il celebrato viaggio, e per la prima volta dopo molti anni, i governanti cileni hanno acquistato pallottole e polvere da sparo, forse provando la guerra, e provandola, naturalmente, contro il popolo cileno. Circa cento morti e cinquecento feriti hanno tinto di sangue, le strade della lontana Repubblica. Hanno avuto successo, come si vede, le lezioni che imparò con altri militari l'invitato del Cile; e hanno avuto successo perché fa da presidente del mio paese un semplice maggiordomo sostenuto lì per gli interessi minerari nordamericani, e questo maggiordomo servile non deve preoccuparsi troppo per la salute dei figli del Cile.
Se io avessi girato il mio paese avrei portato altre storie, altre esperienze e differenti verità. Avrebbe portato la verità di Pushkin, il canto, la bandiera di Pushkin, cioè di un vecchio poeta, del poeta centrale del suo popolo, che un'altra nazione avrebbe dimenticato ma che l'Unione Sovietica, lontano da dimenticare, elevò su tutta la sua vasta terra. Vidi galleggiare quella bandiera di poesia, di cultura e di pace in quegli estesi territori. Vidi alzarsi musei di Pushkin tra i rottami, vidi rilucere il viso del poeta, come quello di un angelo sorpreso, negli antichi palazzi degli zar, nelle stazioni ferroviarie, nelle ali degli aeroplani, nelle notti bianche di Leningrado, nella gigantesca e ricostruita fabbrica di trattori della città mille volte eroica di Stalingrado. Ma vidi anche i versi di Pushkin in mezzo al campo, in grandi tavolate. Come l'Unione Sovietica ha ricostruito le sue città e le sue fabbriche, ed il suo benessere collettivo, così pure ricostruisce le figure dei suoi creatori, ed anche le consegna al piacere di tutto un popolo.
Forse in questi due inviti abbiamo la chiave di quanto sta succedendo. Abbiamo, da un lato, che quando si apre la tenda di dollari dalle autorità di immigrazione è affinché i generali dell'America Latina vedano da vicino, non molto da vicino forse, le possibilità di distruzione di massa che un gran paese esibisce con strano orgoglio, e, dell'altro lato, quando si penetra attraverso la tenda di calunnia con cui si vuole accerchiare quel mondo nuovo, ci è mostrata la monumentale storia dello spirito nonostante il tempo, e la venerazione di un alto fatto della cultura umana, condiviso per la totalità di un paese.
Ma, ci domandiamo, è che l'influenza dei fabbricanti di armamenti si riduce unicamente a penetrare nella nostra terra per mezzo di alcuni generali stranieri?
Certamente non è così e mai forse la storia non ci ha dato opportunità di vedere tanto chiaro nei suoi avvenimenti. È che la guerra che si prepara, guerra necessaria affinché i grandi monopoli assicurino nella nostra America Latina i suoi poteri davanti alla crescente minaccia dei paesi che lottano per la loro indipendenza economica, questa preparazione di un dramma immenso vuole occultare l'immensità di un'agonia. E dentro questo sistema agonizzante la creazione culturale mostra sintomi di malattia mortale.

Voglio dirvi, per la prima volta, un'importante decisione personale che non interesserebbe a questa riunione se non fosse perché mi sembra strettamente legata a questi problemi. Poco tempo fa e dopo avere percorso l'Unione Sovietica e la Polonia firmai un contratto a Budapest per la pubblicazione in lingua ungherese di tutti i miei poemi. E dopo aver firmato in una riunione con traduttori ed editori mi fu chiesto che indicassi io stesso, pagina per pagina quello che doveva essere compreso in questo libro. Io avevo visto le migliaia di giovani ragazzi e ragazze che incominciavano ad arrivare in Ungheria da tutti i punti del pianeta per partecipare al Festival Mondiale della Gioventù; io avevo visto, tra le macerie di Varsavia, uscire visi di giovani studenti che tra le loro classi di anatomia alzavano di nuovo il distrutto piedistallo della pace, io avevo visto coi miei occhi gli immensi edifici costruiti in alcune settimane dai rottami di Stalingrado da venticinque mila giovani volontari arrivati da Mosca; io ascoltai in quelle terre come una rumore di api di un bosco infinito, l'allegria pura, collettiva, innumerabile della nuova gioventù del mondo.
E quando quello giorno dopo tanti anni di non leggere i miei antichi libri, percorsi, di fronte ai traduttori che aspettavano l’ordine per incominciare il loro lavoro, quelle pagine in che io misi tanto sforzo e tanto esame, vidi all'improvviso che oramai non servivano, che erano invecchiate che portavano in sé le rughe dell'amarezza di un'epoca morta. Una per una sfilarono quelle pagine, e né una sola mi sembrò degna di tornare a vivere di nuovo. Nessuna di quelle pagine portava in sé il metallo necessario alle ricostruzioni, nessuno dei miei canti portava la salute ed il pane di cui aveva bisogno l'uomo lì.
E ci rinunciai. Non volli che vecchi dolori portassero lo scoraggiamento a nuove vite. Non volli che il riflesso di un sistema che potè indurrmi fino all'angoscia fosse a depositare in piena edificazione della speranza la melma terrificante con cui i nostri nemici comuni oscurarono la mia propria gioventù. E non accettai che uno solo di quei poemi si pubblicasse nelle democrazie popolari. Ed ancora più, oggi stesso, restituito a queste regioni americane delle quali faccio parte, vi confesso che neanche qui voglio vedere che si imprimano di nuovo quei canti.
Hanno portato i poeti di questo tempo dentro noi stessi le due forze contrarie che producono la vita. Ed è arrivata l'ora in cui dobbiamo scegliere. Non si tratta puramente di scegliere la nostra condotta: si tratta di scegliere la responsabilità dentro il nostro propria essere.
Tutto un sistema moribondo ha coperto con emanazioni mortali il campo della cultura e molti di noi hanno contribuito con buona fede a rendere più irrespirabile l'aria che appartiene non solo a noi, bensì a tutti gli uomini, a quelli che vivono ed a quelli che nascono.
Perché lasciamo marcata la nostra orma sulla terra, come quella che lascerebbe nell'argilla bagnata la disperazione del soffocato?

Tuttavia, è chiaro che molti dei creatori della nostra epoca non si rendono conto che quello che sembrò loro la più profonda espressione dell'essere, è molte volte veleno transitorio depositato dentro loro stessi dai loro più implacabili nemici.
Il capitalismo agonizzante riempie il bicchiere della creazione umana con un beveraggio amaro. Abbiamo bevuto questo liquore in cui si uniscono tutti i veleni. I libri di quello che chiamano la cultura occidentale, nella sua maggior parte, hanno contenuto dosate fortemente le droghe dell'agonia di un sistema. E la nostra gioventù dell'America Latina sta bevendo ora le feci di un'epoca che volle estirpare dalla radice la fiducia nei destini umani soppiantandola colla disperazione assoluta.
Quando Faedéiev esprimeva nel suo discorso di Breslavia che se le iene usassero la piuma o la macchina da scrivere scriverebbero come il poeta T.S. Eliot o come il romanziere Sartre, mi sembra che offendesse al regno animale.
Non credo che le bestie pur dotate di intelligenza ed espressione arrivassero a fare una religione oscena dell'annichilimento e del vizio ripugnante, come questi due chiamati "maestri" della cultura occidentale.
Ma è comprensibile il loro compito. Essi sono gli apostoli del gran ossario che si prepara, sono i germi attivi della distruzione: prima che cada la bomba atomica di che i monopolisti hanno bisogno lasciare cadere per annichilire gran parte della vita umana in difesa di un sistema ingiusto di economia, questi apostoli sono incaricati di annichilire moralmente gli uomini. Nel caos del capitalismo moribondo essi devono far posto ad una maggiore angoscia e trasformare l'intelligenza in una luce parziale che illumina esclusivamente il peggio, il pestilenziale ed il perverso della condizione umana. Essi sono incaricati di degradare la vita per facilitare lo sterminio dell'uomo sulla terra.
La borghesia ha appoggiato con intensità questi protagonisti del crollo. Negli ultimi anni abbiamo visto come il nostro
snobs si sono impadroniti di Kafka, di Rilke, di tutti i labirinti che non hanno uscita, di tutte le metafisiche che hanno continuato a cadere come cassetti vuoti dal treno dalla storia, si sono trasformati in difensori dello "spirito", in bramiti americaneggiantii, in professionali intorbiditori dello stagno in cui sguazzano. Hanno decretato l’oblio per i grande umanisti della nostra epoca. Nella nostra America Latina questi pigmei si vergognano quando si menziona Gorki, Romain Rolland, Barbusse, Ehrenburg, Dreiser. Questi signorini non possono nominare Balzac. Questi sopravvissuti vogliono farci credere in un surrealismo morto e sepolto e che solo servì affinché dalle rovine di quello movimento si alzassero come due statue abbaglianti dalla ragione e della fede nell'uomo, i due grandi poeti della Francia, militanti nel Partito Comunista, Louis Aragón e Paul Éluard.

Quali sono gli alleati dell'intossicazione deliberata, della paralisi intellettuale che invade la nostra America? Chi sono gli aiutanti del suicidio di un'epoca che poteva pensare? Sono solo quelli del
Reader's Digest? È solo il silenzio complice degli Steinbeck, dei Hemingway? Fino a che punto circola nelle nostre proprie vene il sangue dei morti? Negli ultimi anni abbiamo avuto nella nostra America Latina un fenomeno di straordinaria importanza. Le arti e specialmente la pittura e la letteratura sono arrivate ad una preoccupazione suprema diretta alla vita ed al le condizioni dai nostri paesi. La pittura e soprattutto la grandiosa pittura murale messicana ha adempiuto vittoriosamente i mandati della verità e della storia. La letteratura, specialmente il romanzo, si è avvicinato anche ai nostri paesi ma senza passare oltre un realismo pessimistico, un'acuta esibizione delle nostre miserie. Poche volte come nei casi di Jorge Amato, José Mancisidor o Rómulo Gallegos, questa letteratura attecchita alla profondità dei nostri paesi è riuscita a mostrare il cammino della liberazione. Siamo arrivati a produrre una letteratura incantata dai dolori, una lunga quantità di racconti che sembrano destinati a mostrare muri insormontabili durante il tragitto dei paesi. E grandi scrittori profondamente nostri e stimati come Graciliano Ramos, del Brasile; come Jorge Icaza, dell'Ecuador; come Miguel Asturias, della Guatemala; come Nicomedes Guzmán o Reynaldo Lomboy, del Cile, ed altri molti insistono nel sottolineare la tenebrosa selva della nostra America nera, senza mostrare l'uscita né la luce che, tuttavia, i nostri paesi conoscono.
Sta bene che in questa tappa di aspra lotta, spiriti usciti della nostra dolorosa argilla, abbiano mostrato in tutta la sua grandiosità la notte che ha incombito sulla nostra patria americana. Ma stiamo in un'altra epoca. Stiamo nell'epoca in cui milioni di uomini si liberano dei gioghi feudali in cui milioni di uomini rompono la schiavitú imperialista, stiamo nell'ora più straordinaria dell'umanità: nell'ora in cui i pugni si fanno realtà perché la lotta degli uomini fece sparire i sogni ed apparire la vita. Stiamo nell'epoca che ha visto entrare l'Esercito Rosso e lasciare in alto della cittadella distrutta degli assassini hitleriani una bandiera rossa che contiene tutte le antiche speranze dagli uomini; stiamo nei giorni luminosi delle democrazie popolari; ci tocca l'onore e l'allegria di vivere un'epoca in cui un poeta continua a vincere una battaglia destinata a cambiare i destini di centinaia di milioni di uomini. Questo poeta si chiama Mao Tse-tung.
Stiamo nell'epoca in cui canta Paul Robeson, malgrado vandalici nazisti vogliano distruggere il suo canto che è il canto della terra. Stiamo vivendo i giorni in cui il paese del Cile: minatori, studenti, pescatori, poeti, cancellano con pietre e pali, e con il loro proprio sangue il disonore che un traditore lasciò cadere sulla mia patria. Vediamo vicino ai baluardi dei mercanti di guerra, vicino al veleno calunnioso di una stampa mercenaria, come si riuniscono nella terra sacra di Cuauhtémoc, di Morelos, di Zapata e di Várdenas, migliaia di uomini uniti per difendere ed imporre la pace.
E questo merita l'azione dei nostri creatori. Io non sono un critico, non sono un saggista, sono semplicemente un poeta a cui costa molto sforzo dire altre parole che quelle del suo canto. Ma a volte devo parlare perché altri hanno taciuto. E continuerò a parlare finché la vigliaccheria o l'incoscienza chiuderanno le bocche di molti che dovrebbero compiere i doveri del loro mestiere. E questo dovere è quello di segnalare fino a che punto stanno invadendo le nostre creazioni culturali le alluvioni distruttive del nemico che vuole la guerra.
Sono altre le opere che aspettiamo dal nostro continente. Dobbiamo dare alle nostre terre americane la forza, l'allegria e la gioventù che manca loro. Non aspettiamo seduti che i nostri tesori siano spianati dai filibustieri e che anche questi filistei ci portino l'allegria. Dobbiamo superare i nostri dolori ed alzarci sopra la distruzione. Dobbiamo insegnare la strada e camminare noi stessi di fronte ai nostri popoli per quella strada. E dobbiamo pulire questa strada fino a lasciarla risplendente affinché domani altri uomini possano camminare in essa.
È nostro dovere di intellettuali combattere le correnti morbose della metafisica, la sensualità che stanno penetrando i sotterranei del nostro continente. Nostro gran compagno qui presente, Roger Garaudy, ha definito così queste tendenze: «Scetticismo, disperazione, evasione, atteggiamenti di un mondo che muore. Il tratto comune è il panico davanti al reale e, contemporaneamente, il proposito profondo di non cambiare niente».
In altri tempi l'imitazione europea portò i nostri romantici indigeni a celebrare gli usignoli che non conosciamo e parlare del mese di maggio come il mese della primavera. Allora ci sembrarono un po' ridicoli. Oggi, oltre a ridicolo, appare sinistro questo impegno di iniettare nelle vene americane una decomposizione che non accettiamo come realtà americana. Abbiamo nella nostra America un mondo per fare e non siamo abbandonati naufragi di un'isola tenebrosa, bensì lottatori di un ordine razionale, sostenitori di una causa invincibile. E per quanto né le nostre creazioni né la nostra lotta sono atteggiamenti solitari, bensì parti solidali di una forza costruttrice. Non accettiamo che nel nostro giovane continente i nemici della vita e della pace predichino invocando alte discipline intellettuali: la passività, l'isolamento, il suicidio e la morte.

Portiamo in questo giorno un dolore immenso. Torniamo da lasciare sotto la terra che amò con tutte le sue forze uno dei più grandiosi creatori della nostra America, José Clemente Orozco. La sua vita e la sua morte ci danno una lezione che non possiamo lasciare nell'aria né nelle lacrime. Dobbiamo portarla a questo dibattito.
José Clemente Orozco fu l'accanito artista della sua terra e del suo popolo. Le sue opere gigantesche continueranno a vivere quanto vivrò la nostra America. Tuttavia, ci sono nelle sue realizzazioni un'intensità drammatica che quasi confina col terrore. L'ombrosa grandiosità della sua opera spaventerà ancora le generazioni venture. La sofferenza ed il sangue della nostra America stanno nella sua opera ed anche in essa i semi insurrezionali del passato e del presente.
Ma oggi che l'abbiamo perso, quando già la sua grandezza straordinaria, la sua drammatica grandezza rimangono fissate in forma incancellabile nella nostra vita, voglio segnalare che l'ultima espressione pubblica di José Clemente Orozco fu la sua adesione a questo Congresso della Pace. Non ci fu forse un fatto più significativo in altri congressi precedenti. Perché alzandosi sopra la sua opera totale, sopra l'oscura profondità del suo passato, nel limite commovente delle sue forze, spruzzato già dalle acque della morte, José Clemente Orozco guardò verso noi e ci inviò il suo ultimo messaggio, la sua speranza in noi, la sua fiducia nella quale lottiamo per la pace del mondo.
E questo messaggio di un gran americano appena scomparso è quello che dobbiamo trasmettere, elevare, costruire e disseminare per tutta la terra. È un mandato più della nostra epoca, è il mandato irriducibile che sopravvive alla morte. È il nostro dovere verso la vita.

Discorso colto durante il Congresso
Latinoamericano di Sostenitori della
Pace, Città del Messico, settembre 1949.
Edizione clandestina del Partito Comunista
del Cile, Santiago, 1949, depliant.


Parole preliminari
(alla breve biografia di un traditore)
PALABRAS PRELIMINARES (A LA BREVE BIOGRAFÍA DE UN TRAIDOR). (Pagine 770-772.) La storia del Cile darà ragione a Neruda. Concludendo il suo mandato González Videla, sreditato per il suo tradimento davanti al paese intero - perfino davanti al suo proprio partito e davanti ai partiti di destra che per più di venti anni evitarono di apparire in connessione con lui -, cadde in una tomba di silenzio e dimenticanza pubblici da cui riuscì solo ad alzare testa per un breve tempo - e con molto aiuto ufficiale - durante la dittatura del generale Pinochet. Sono di troppo i commenti.

Questo opuscolo non contiene letteratura immagaria. Sono verità della storia contemporanea di un paese che fu orgoglioso tra tutte le nazioni americane per il suo senso di indipendenza e di democrazia.
Un traditore, cioè, un uomo eletto dal popolo, designato dalle speranze di operai e di intellettuali, ha degradato tutte le istituzioni della mia patria. Queste righe rivelano fino a che punto un demagogo venduto ad interessi stranieri e consegnato per arrivismo all'avidità dei latifondisti, può danneggiare il prestigio di una nazione.
González Videla è, naturalmente, solo un burattino dei grandi consorzi nordamericani che detengono quasi la totalità delle ricchezze del sottosuolo cileno. Ma il suo caso è straordinario per la sua stessa viltà. Non ha lasciato questo uomo niente senza macchia nella mia patria.
Non ha lasciato verità da rinnegare, tradimento da compiere, infamia che non commettesse. Tuttavia, la sua piccolezza, la sua frivolezza, la sua vanità, lo classificano molto sotto nella terribile scala dei boia storici dei nostri paesi americani. Gómez del Venezuela fu chiamato
Bisonte, Machado di Cuba fu battezzato La Tigre. González Videla passerà alla storia come Il Topo. Il topo che rode le fondamenta sacre della sua propria patria.
Nel novembre del 1947 inviai una lettera intima per milioni di uomini, lettera in cui avvisavo i paesi fratelli dell'America dei pericoli che minacciavano il mio paese. Quella lettera mi valse la persecuzione dello stato poliziesco e della gestapo del Cile. Ma il mio paese mi preservò, mi difese e mi conservò nel suo seno. Sono orgoglioso di quei giorni e penso che il mio avvertimento fu profetico.
Oggi, rifugiato politico in Messico, terra di libertà, ho avuto l'immensa allegria di sapere come in Cile spunta l'aurora della libertà e come si avvicina il fine di un governo che non è riuscito ad assoggettare il mio nobile paese. In Messico hanno pubblicato su tutta la stampa le fotografie della lotta per le strade, e lì vediamo, di fronte ai boia che González Videla lancia contro la moltitudine indifesa, ragazzi e ragazze che con visi sorridenti hanno saputo lottare e morire.
Il sangue versato dall'abietto traditore non si cancellerà delle strade di Santiago. Si rifletterà eternamente nella bianchezza dell'orgogliosa cordigliera innevata ed arderà come una lampada inestinguibile.
Dedico questo ricordo alle vittime massacrate dalla tirannia ed alla gioventù che ha onorato con la sua lotta, i colori e la stella della mia patria.
Tuttavia, il combattimento non è finito e benché il Cile non si pieghi, aspri giorni aspettano la mia patria prima che possa prevalere lì la libertà. González Videla protetto dalla violenza e la corruzione continuerà ancora per qualche tempo rodendo la struttura della nazione cilena. Così lo vogliono in questa ora dura i padroni del rame e del salnitro che da Wall Street danno ordini a questo rinnegato. Così lo vogliono anche gli implacabili e medievali latifondisti del Cile. Essi vogliono non solo la miseria che hanno dato come unico patrimonio per più di un secolo alla mia patria, ma anche la condizione di servi che sperano di perpetuare per mezzo del terrore.
Tuttavia la nostra epoca va avanti: la storia non retrocede. Quattrocento milioni di uomini combattono vittoriosamente per la libertà e la dignità nella Cina Popolare. Aumenta in Spagna il fuoco delle guerriglie. Vicino alla poderosa e pacifica Unione Sovietica una collana di nuove repubbliche popolari nascono delle rovine della guerra con un nuovo concetto collettivo della costruzione, del lavoro e dell'allegria.
I Chiang Kai-shek asiatici o i González Videla del Mapocho non possono fermare la storia. Si siederanno alcuni istanti nei loro troni sulla corruzione, lo svilimento, ed il tradimento, ma, presto o tardi saranno svegliati dei loro tenebrosi sogni da una mano ferrea di operaio, di contadino, di studente, di poeta e di soldato. Dalla mano di Mao Tse-tung.
Per quel motivo questi boia aspettano con ansietà la gran catastrofe, la guerra mondiale che possa salvare i loro regni marci. Sperano di salvarsi per mezzo dalla bomba atomica. Vogliono prendere parte alla carneficina universale. Vogliono salvare le loro tenute a costo di un oceano di sangue.
González Videla grida da due anni, in forma isterica, chiedendo la guerra. Questo ridicolo fantoccio, questo minimo capo tribù sanguinario si crede protagonista di quello che chiama, nel suo delirio, "la cultura occidentale."
Bisogna salvare questa cultura, ululano i Trujillo, i González Videla, i Somoza, gli intriganti dell'America Latina, quelli che hanno offerto al migliore offerente la ricchezza e la dignità di piccole nazioni che tuttavia conoscono il cammino verso la verità e si decidono a conquistarlo.
Anche per questo lottiamo per la pace. Non vogliamo che la guerra salvi i boia e conferisca loro maggiore autorità omicida.
Lontano dalla mia terra, nell'anniversario glorioso della sua indipendenza nazionale, questo diciotto settembre del millenovecentoquarantanove saluto con la maggiore emozione i miei eroici compatrioti, operai, studenti ed intellettuali in mezzo ai quali spero, prima di molto tempo, celebrare la liberazione del Cile. Tutti insieme restaureremo l'onore della nostra patria venerata.

Città del Messico, 18 settembre 1949

Prologo a González Videla il Laval dell'America Latina.
Breve biografía de un traidor, Messico, 1949


Agli intellettuali ed al paese della Colombia

Risulta violento distrarre l'attenzione degli intellettuali e del paese della Colombia, in momenti straordinariamente gravi per il loro destino, ma non potremmo continuare a tacere per più tempo la denuncia pubblica che facciamo contro la persona dall'ambasciatore del Cile, Julio Barrenechea.
Fatti recenti, che l'opinione democratica della Colombia deve conoscere, hanno riempito la misura della nostra tolleranza. In effetti, Barrenechea è appena incorso in una nuova slealtà - che raggiunge i caratteri di tutta una fellonia - congratulando pubblicamente con González Videla, colpevole del massacro di un gruppo di studenti e lavoratori.
Non è la prima volta che il fiammante ambasciatore si comporta in questo modo. A causa dei luttuosi avvenimenti di Bogotà, dell’aprile 1948, che costarono la vita al leader politico signore Eliécer Gaitán, Barrenechea informò al suo governo in termini incompatibili con la verità rigorosa, sostenendo che furono i comunisti ed il popolo colombiano i colpevoli dell'assassinio di Gaitán.
Quella relazione, piena di inesattezze, servì da base al dittatore cileno per intensificare la sua politica repressiva ed antioperaia. Fece gran uso di questa negli atti del 1° di maggio di quell'anno, sottolineando che nessuno metterebbe in dubbio quello che andava a raccontare, data la sua provenienza di sinistra...
Affinché possa apprezzarsi meglio fino a dove arrivò il danno che contribuì a produrre colle sue infondatezze e calunnie, deve aversi presente che tra le vittime della repressione "videlista" raffigurano niente meno che ex amici dello stesso Barrenechea, oltre ad alcuni a cui deve, anche, apprezzabili servizi personali. Félix Morales, giornalista e scrittore, ed Ángel Veas, collega dell'apostata nella Camera di deputati, furono assassinati nell'omignoso campo di concentramento di Pisagua. Lo scrittore Volodia Teitelboim è perseguito da allora dalla gestapo del dittatore. Il poeta Ángel Cruchaga Santa María fu obbligato a ritirarsi da un modesto incarico che occupava nell'amministrazione pubblica a dispetto della sua cecità quasi totale.
Nel frattempo, e quasi simultaneamente con questi eventi Barrenechea, per via privata e confidenziale si rivolgeva ad alcuni scrittori residenti in Santiago, facendo proposte loro di amicizia e del suo "invariabile sinistrismo" e promettendo di ritornare in Cile per promuovere l'alleanza socialista-comunista. Questo sdoppiamento ed indegnità morale provocarono la conseguente protesta degli scrittori cileni chi si riunirono e gli inviarono un messaggio chiedendogli spiegazioni della sua condotta. Lo avvertivano, contemporaneamente, che si astenevano da mandargli l'originale con le firme, perché temevano che lo facesse arrivare a González Videla, in un nuovo gesto di ossequio ed abiezione.
Se Barrenechea, a coscienza, distorse la verità degli eventi di Bogotà per servire alla politica da González Videla, neanche andava ad avere scrupoli per solidarizzare con chi ordinò dal potere di assassinare gli studenti universitari, durante le proteste contro il rialzo del costo della vita e nelle quali parteciparono, strettamente uniti, giovani dell'Università del Cile e dell'Università Cattolica. Tra le vittime, il cui saldo fu elevato, rimase anche un studente colombiano, il cui assassinio l'ambasciatore in Colombia giustifica ed applaude.
Questa volta non si trattava di operai né di comunisti, bensì della gioventù cilena. Nel 1931 Julio Barrenechea presiedette la Federazione di Studenti del Cile, organismo che partecipò eroicamente alla lotta per il recupero del regime democratico e delle libertà pubbliche. Barrenechea che non finì mai i suoi studi regolari nell'università, speculò sempre con quell'onore e lo tirò fuori profitto per molti anni.
Legato come stava al movimento studentesco, era da sperare che, almeno, stesse in silenzio mentre il boia ordinava di martirizzare alla gioventù. Tuttavia, non fu così e tradì i suoi compagni di ieri, quelli che gli dispensarono tanti onori immeritati, stringendo la mano insanguinata del tiranno.
Che cosa può esserci allora di straneo che per conservare male posizioni acquisite, Barrenechea si proclami ora nemico giuriato di chi, quando aveva un'altra posizione, l'aiuto a raggiungere la meta? Per caso non ricorda il "distinto" diplomatico che quando il Senato del Cile, coi voti comunisti, gli diede il voto per la sua nomina in Colombia, chiese di essere ricevuto dal Comitato Centrale del Partito, al quale assicurò - senza che nessuno, naturalmente, lo credesse - che "il PC poteva contare da quel momento su un ambasciatore come se fosse delle sue file?" Lo stesso voto diede all'attuale rappresentante del Cile davanti all'ONU, Hernán Santa Croce. Ambedue appartengono alla stessa famiglia politica e morale: quella dei negligenti opportunisti.
Dimenticò Barrenechea che fu necessario per assumere il suo incarico di ambasciatore in Colombia che, con vero sacrificio, un connotato membro del Partito Comunista del Cile l'aiutasse a riscattare debiti e documenti bancari, senza i quale non solo gli era proibito uscire dal paese, ma era esposto a disgraziate contingenze?
Desideriamo che rimanga assolutamente stabilito davanti al paese ed agli intellettuali della Colombia che Barrenechea non può sostentare altra rappresentaza che quella del despota che opprime il popolo cileno. La gioventù ed i lavoratori della nostra patria l'hanno iscritto nell'indice dei rinnegati e dei traditori. Ed in quanto agli scrittori cileni che egli pretende continuare ad invocare come suoi amici, gli hanno manifestato prima il loro ripudio e tornano a dirgli, per la nostro mezzo, che lo disprezzano.
Il paese del Cile continua a combattere per la libertà. Le notizie che riceviamo da là sono incoraggianti e permettono di assicurare che si avvicinano grandi cambiamenti fino a che cessi la vergogna che oggi soffre la patria. La dittatura barcolla, decomposta economicamente, moralmente e politicamente. Non sarebbe raro che Barrenechea, all'ultima ora, pretendesse di uscirne facendo una virata spettacolare. I colombiani possono avere la certezza che questo individuo in Cile oramai non inganna nessuno con la sua demagogia né col suo lirismo dozzinale. Speriamo che neanche in Colombia possa seguire la sua opera di mistificazione, dato che qui ci proponiamo davanti a precedenti degni di fede affinché lo si riconosca di davanti e di profilo ed affinché lo si giudichi in conseguenza.

Pablo Neruda, senatore della Repubblica; Luis Enrique Delano, scrittore ed ex diplomatico; César Godoy Urrutia, ex deputato e dirigente della magistratura.

Messico, D.F., 10 novembre 1949

Repertorio Americano, San José
de Costa Rica, dicembre 1949.



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