Pablo Neruda e Insetti


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Discorsi e documenti del poeta-senatore (1945-1948) - 2^ parte

NERUDIANA DISPERSA - vol. I (1915-1964) > da 1939 a 1952

II
INTERVENTI DEL SENATORE NERUDA
(gennaio-ottobre 1947)

[Sulle condizioni di lavoro degli operai del salnitro]

(Sessione di mercoledì 26 febbraio 1947)

IL SIGNOR ALESSANDRI PALMA (PRESIDENTE).
[...]
Nell'ora degli incidenti ha la parola l'onorevole signor Neruda.
IL SIGNOR NERUDA. Signor presidente, ho appena realizzato un breve ma intenso giro per la pampa del salnitro e voglio sfruttare questi minuti dell'ora di incidenti per richiamare l'attenzione dell'Onorevole Senato sulla condizione di vita deplorevole che hanno gli operai del salnitro di Tarapacá.
Ebbi opportunità di preoccuparmi di raccogliere i dati necessari: ho convissuto con gli operai, ho dormito nelle loro stanze ed in questi giorni ho visto il lavoro nella pampa, nelle macchine, lavori che potrebbero citarsi come esempi dei più duri realizzati sulla terra. Tuttavia, i salari appena consentono agli operai per coprire le spese della loro alimentazione e, naturalmente, non bastano per soddisfare nessuna necessità di indole culturale, che sono negate a quegli operai che vivono isolati dal resto del paese per l'immensa solitudine del deserto.
Nella officina Alianza, della Compagnia Tarapacá ed Antofagasta, ci sono sei bagni di docce per due mille persone; le latrine praticamente non esistono; nelle stanze degli operai non è luce elettrica.
Attualmente, in una officina indipendente, la officina Iris, si sta sviluppando un movimento di sciopero, che dura fino da più di 30 giorni, ed in questo momento una delegazione di operai inizia conversazioni nel Ministero del Lavoro. Perciò, il mio intervento è avviato a richiamare l'attenzione del signor ministro del Lavoro affinché, giudicando questa lite dell'officina Iris con gli operai, prenda in considerazione la situazione davvero infernale in cui quegli operai lavorano.
Questo sciopero sarà giudicato dagli agitatori della destra come provocato dai comunisti, come comunemente si fa.
Signori senatori, i salari degli operai di Iris sono come segue: si vantano 10 pesos ai celibi; 15 pesos agli sposati. Ci sono contratti di 7 pesos per ragazzi di 17 anni che, preferibilmente, stanno scegliendo molte officine del salnitro per il lavoro, perché possono farsi questi contratti abusivi, pagandoli fino a 5 pesos al giorno.
Le condizioni di vita sono terribili in queste officine. Non c'è un solo servizio igienico in uso e la compagnia ha proceduto, mi sembra come rappresaglia per questo sciopero legale, a chiudere gli unici bagni che esistevano.
Non c'è neanche la luce elettrica. Gli operai vivono stipati nelle poche stanze di cui dispongono. Ce ne sono alcune in cui dormono fino a dodici persone.
Come è possibile, signore presidente, tollerare che i nostri compatrioti siano dediti a questo sfruttamento ignominioso!
Precisamente, in questi giorni, andai a parlar loro di problemi di interesse nazionale che essi reclamano conoscere; andai a parlar loro delle immense possibilità che aprirà al nostro paese il trattato di commercio con l'Argentina; parlai loro del piano di aumento della produzione presentato al supremo governo dal Partito Comunista.
Essi hanno ascoltato con immenso interesse tutti questi problemi pubblici di vasta portata, ma non potevo parlare con calma di problemi tanto grandi, vedendo l'immensa miseria in che si dibattevano.
L'oggetto di queste osservazioni che un'altra volta saranno più estese e con più dettagli, è richiamare l'attenzione del signor ministro del Lavoro, affinché conosca questi dati e risolva in giustizia le petizioni degli operai di Iris e, una volta per tutte, si regolamentino i servizi del lavoro e gli ispettori facciano rispettare, per lo meno, le leggi più elementari di igiene in questi accampamenti.
[...]
IL SIGNOR NERUDA. Mi permette una piccola interruzione, onorevole senatore?
IL SIGNOR RODRÍGUEZ DE LA SOTA. Con ogni gusto, onorevole senatore.
IL SIGNOR NERUDA. Crede il signore senatore che quello
leader, se venisse a percorrere le nostre pampe, potrebbe parlar loro dalla sua coscienza agli operai dell'officina Iris, per esempio, che guadagnano 10, 15, 7 e perfino 5 pesos al giorno? Potrebbe il signor Lewis parlarloro di questa maniera? È possibile esigere di aumentare il loro rendimento giornaliero - malgrado il nostro partito sia ostinato nel conseguire un aumento della produzione nazionale e coincidiamo in ciò con la CTCH - quando non esistono nelle loro stanze né le più essenziali condizioni igieniche, quando non c'è luce elettrica per i lavoratori, non ci sono bagni, e per queste ragioni hanno dovuto andare ad un sciopero legale tutti gli operai di quell'impresa?

[Movimento di liberazione del Paraguay]

(Sessione di mercoledì 19 marzo 1947)
[MOVIMIENTO DE LIBERACIÓN DEL PARAGUAY.] [SOBRE LA SITUACIÓN POLÍTICA EN NICARAGUA.] (Pagine 655-661.) Questi interventi di Neruda che oppongono le situazioni politiche del Paraguay e Nicaragua (ed Argentina, Bolivia ed Ecuador) alla linea di sinistra e democratica del governo in Guatemala, segnano il fondo della nuova visione epica dell’America che contemporaneamente comincia a farsi largo nella scrittura di Canto general.

IL SIGNOR NERUDA. Signor presidente:
Credo non avere compiuto il mio dovere verso il paese paraguaiano non avendo elevato la mia voce prima d’ora per denunciare davanti all'opinione politica del nostro paese la grave e dolorosa condizione di sottomissione che sta sopportando quella nazione gemella da lunghi anni, davanti all'impassibilità di tutte le nazioni americane.
Oggi voglio compiere questo dovere sacro, e rispondendo tardivamente a tanti lamenti di intellettuali ed operai perseguiti per la dittatura di Moríñigo, sia la mia prima parola per desiderare, come democratico e cittadino dell'America che l'esercito rivoluzionario di Concepción trionfi nel suo movimento, punisca il tiranno ed i suoi complici, instauri il regime costituzionale e legale che ha proclamato come oggettivo della sua lotta e che tutta questa crisi sia portata al suo punto finale col minore numero di sofferenze per il leggendariamente valoroso popolo del Paraguay.
Niente di statista, di filosofo politico né di patriota ha il pittoresco e sanguinoso Moríñigo che, con forze barcollanti, aspetta in un angolo della suo satrapia l'ora della fine per lui ed i suoi boia. Queste dinastie di tiranni feudali, notabili e bulli sanguinari alzano ancora la frusta su paesi fratelli del Cile ed ancora, per vergogna della civiltà, le prigioni del Paraguay, dell'Ecuador, del Nicaragua, di Santo Domingo, dell’Honduras, si riempiono col più illustre del pensiero democratico di quelle nazioni, i cui padroni terribili sono sostenuti per l'imperialismo nordamericano come docili strumenti, come
yes-men istigatori ed sostenitori del sistematico ladrocinio della nostra ricchezza continentale per i colonizzatori e conquistatori di Wall Street.
Il bullo Moríñigo, come tanti altri, è stato ricevuto in trionfo negli Stati Uniti come rappresentante straordinario di un paese schiavizzato e ha accettato, in succulenta razione di dollari, il premio per mantenere al Paraguay in inaudito stato di miseria e ritardo, vendendo ai suoi padroni, per miserabile deneri, il meglio della sua patria, in cambio della sua permanenza sopra alla piramide delle sofferenze paraguaiane. Ma si avvicina l'ora della giustizia.
Dietro Moríñigo, rospo di stagno petrolifero, ci sono grandi e complicati interessi, gli stessi che in un modo o nell'altro tessono la rete succhiatrice del gran capitale imperialista nel nostro America semicoloniale.
Il golpe del 13 gennaio, in cui la combriccola militare, il Giuón Rojo, fa la "pulizia" del Paraguay, ammazzando, torturando, imprigionando comunisti e liberali, non fu solo un golpe creolo di caserma, bensì una cospirazione della Standard Oil Co. e l'eminenza grigia di queste tenebrose azioni è stato l'ambasciatore degli Stati Uniti in Paraguay, signore Beaulac. Questo rappresentante del signore Truman - non del paese nordamericano - ha gestito persistentemente l'illegalità del Partito Comunista paraguaiano.
Questo ha una spiegazione.
Il Partito Comunista paraguaiano è stato il più tenace nemico dell'arbitraria ed antipatriottica concessione petrolifera del Chaco, per la quale si concedè alla Standard Oil Co. 23.000.000 di ettari con diritto ad extraterritorialità per 50 anni. Il Partito Comunista si oppose a questa consegna di territorio e propiziò un'assemblea costituente che potesse revocare questo contratto o normalizzarlo fino a che significasse un contratto normale e non un attentato contro la sovranità di quel paese fratello.
La pressione imperialista fece fallire la possibilità di un trattato commerciale tra Paraguay ed Argentina ed ottenne nuove concessioni petrolifere di Moríñigo. Ottenne, allora, l'ampliamento del termine di azione del STICA (Servizio Tecnico di Cooperazione Agricola, organismo nordamericano), e firmò un trattato di commercio e navigazione con gli Stati Uniti.
Come ricompensa per questi servizi, l'ambasciatore nordamericano fece un rapido viaggio alla sua metropoli per ottenere un nuovo Prestito che sostenesse Moríñigo al potere.
Bisognava, dunque, zittire il Partito Comunista paraguaiano. Bisogna paralizzare la difesa di un popolo e per questo gli imperialisti ed i loro agenti, come fino a fa poco i nazisti ed i loro agenti, prima di dare il colpo alla sovranità, perseguono, rendono illegale e combattono il Partito Comunista e richiamano tutta la loro muta di cani da preda per attaccare i comunisti.
Allora Moríñigo ed i suoi fascisti annullarono le promesse solenni dell’11 gennaio dell'anno in corso che tendevano a costituire, nell'anniversario di questo anno, il 15 di agosto, l'assemblea nazionale costituente.
Il campo di concentrazione di Peña Hermosa si riempì di militanti democratici e di ogni tipo di carcerati politici. Rimasero fuori della vita legale tutti i partiti politici ad eccezione del Colorado. Allora Moríñigo chiuse i seguenti quotidiani e giornali: del Partito Febrerista
El Pueblo, La Hora, La Antorcha e La Región; del Partito Liberale La Libertad; del Radicale, La Democracia; del Partito Comunista Adelante, Lucha y Patria Nueva. Per semplice decreto la Suprema Corte di Giustizia fu subordinata al Ministero dell'Interno. Si rimossero i suoi membri, nominando presidente, a carattere vitalizio, al presidente del Partito Colorado, dottore Mallorquín. Si annullò l’hábeas corpus. Al Guión Rojo, organizzazione fascista ufficiale, furono consegnate armi e, così equipaggiati, i sanguinari boia iniziarono la persecuzione, la tortura e l'assassinio in grande scala.
È il logico cammino della tirannia. Primo si aizza alla guerra sacra contro i comunisti, che formano il baluardo puro e coraggioso della libertà, e dopo cadono tutti i democratici nel grande giro che seppellisce totalmente la libertà di un paese.
Qui abbiamo già per le strade e nel Parlamento e nella stampa agli agenti della repressione contro il popolo, che costruiscono anche i suoi futuri sanguinari Moríñigos. Non è casuale - in nessun senso - il fatto che il quotidiano
La Opinión, tanto strettamente legato al piccolo Partito Socialista del Cile, difenda i criminali illegali ed usurpatori del Paraguay. Non è strano che Moríñigo affretti le sue misure di repressione e che in Cile, come in altre parti, si riuniscano in fraudolente fronti anticomunisti i reazionari, giustamente dopo il discorso del minuscolo presidente Truman, successore del gran capitano della democrazia, Franklin Delano Roosevelt. Già ha dato l'ordine il capo del gran bastone, il capo tribù indiano tatuato nel petto con un dollaro sanguinante ha toccato il tam-tam e si raggruppano nella selva capitalista gli sfruttatori ed i traditori per fare una suprema battaglia contro la libertà nel mondo.
Ma nel Paraguay, nella nostra piccola repubblica sorella, un gruppo di patrioti di tutti i partiti, civili e militari, ha dato una risposta straordinaria a queste manovre tenebrose. Per gli stessi territori dediti all'imperialismo, piccoli soldati della libertà paraguaiana si avvicinano alla liberazione della loro patria da un tiranno macchiato da tutti i crimini contro il suo popolo.
Do il benvenuto a questo movimento di liberazione del Paraguay e, con tutta la fede americana e l'amore alla libertà, eterno e vivente nella nostra patria, desiderio la vittoria definitiva dei patrioti paraguaiani ribellati contro la tirannia e faccio voti affinchè questa vittoria e questa liberazione, una volta ottenute, non si snaturalizzino, non si deformino in nuovo caudillismo, ma si ingrandiscano e nobilitino l’onore del Paraguay e dell'America intera.

[Sulla situazione politica in Nicaragua]

(Sessione di martedì 3 giugno 1947)

IL SIGNOR ALESSANDRI PALMA (PRESIDENTE). Ha la parola il signor Neruda.
IL SIGNOR NERUDA. Signor presidente:
Alcuni anni fa, in Nicaragua, attratto in una trappola traditrice, cadeva abbattuto per sempre uno dei più eroici lottatori della nostra America, il generale Sandino. Il crimine causò stupore. Egli era considerato vittorioso nelle sue gaglilarde gesta di indipendenza, dopo anni di combattimenti contro le forze armate dell'imperialismo nordamericano, che inalberavano ieri come oggi la politica del
big stick, minacciando brutalmente la nostra indipendenza di piccole nazioni.
Tutto il mondo seppe in America Centrale che l'arma assassina che così falciava una gloriosa vita fu impugnata da un oscuro mercenario, chiamato Somoza, che ubbidiva le ordine degli inconciliabili nemici della sua patria, eliminando con qull’assassinio il gran ostacolo che trovavano i
trusts della frutta ed i militaristi nordamericani per annichilire la libertà di quella repubblica e trasformarla in una sordida fabbrica coloniale.
Si eseguirono gli ordini dei padroni e, vicino ai resti sanguinanti dell'eroe tradito, si alzarono i primi passi di un tipico capo di quello che magari arriverà ad essere la preistoria politica centroamericana. Somoza, cinico capo di un paese sventurato, imprigiona, deporta ed assassina i suoi nemici politici e, accettando il prezzo pagato per la morte di Sandino, si arrampica alla poltrona del comando perpetuo come Moríñigo nel Paraguay, come Trujillo in Santo Domingo, come il macellaio Tiburcio Carías in Honduras, sedendosi sul martirio del suo paese in un trono di dollari e di sangue.
Ho potuto vedere, nei miei rapidi viaggi per l'America centrale, la disperazione di quei paesi e non porterei al Senato del Cile questa materia e questi avvenimenti, se non avessi visto e raccolto nella stessa fonte dolorosa di questi patimenti gli occhi dell'America Centrale proiettati in Cile, nella nostra democrazia.
Malgrado che le elezioni fossero una commedia organizzata da Somoza, dopo dieci anni i nicaraguensi hanno avuto per la prima volta un uomo degno alla presidenza, S.E. il presidente di quella Repubblica, signore Argüello. Ma alle prime manifestazioni di dignità di questo anziano di quasi ottanta anni, i boia di Somoza hanno circondato Parlamento e palazzo governativo, imprigionato i militari simpatizzanti e le autorità, dovendo il presidente Argüello, come è di dominio pubblico, rifugiarsi nell'ambasciata del Messico.
Il presidente Argüello fu scelto con l'assenso di Somoza per essere un presidente burattino, ma come tentò di paralizzare le case di gioco, delle quali Somoza e gli ufficiali della guardia nazionale tirano fuori pingui guadagni, e trattò al fine di evitare che i soldati di questa guardia lavorassero nelle tenute di Somoza, è stata in pericolo la sua vita e questa tenue parentesi di speranza democratica si è chiuso lasciando dentro l'onda dell’abuso, tirannia, corruzione e violenza che ha seppellito la patria di Rubén Darío per lunghi anni.
Voglio chiedere al signore ministro di Relazioni Esterne, appoggiandomi sulle sue numerose decisioni democratiche che hanno elevato il prestigio del Cile in questi ultimi tempi, che ci manifesti la sua opinione sulla gendarmeria nicaraguense e faccia pubbliche le informazioni preziose che senza dubbio esistono in suo potere su questi vergognosi avvenimenti. Non metto in dubbio che il Cile, che recentemente inviò un ministro affinché il nostro paese fosse presente nella cerimonia della trasmissione del comando, dirà chiaramente che non riconoscerà un altro mandatario che l'eletto signor Argüello, nonostante tutti gli intrighi che in questo momento macchina il dittatore Somoza. Non c'è dubbio che i suoi padroni del Dipartimento di Stato nordamericano lo proteggeranno di nuovo e che le cancellerie degli altri paesi dell'America Centrale, oppressi da regimi simili, si affretteranno ad incoraggiare Somoza. Perciò stimo che non ci sono consultazioni da fare e, al contrario, compete ad un paese di profonda tradizione democratica anticipare tutti gli altri del continente e smascherare le pretese del satrapo nicaraguense.
Questo porterà immenso riconoscimento di milioni di democratici centroamericani verso il Cile e così non si deluderanno quelli cileni che votando per il signor González Videla vollero contribuire all'ingrandimento democratico non solo della nostra patria, bensì alla resurrezione della libertà in tutto il mondo.

[Disegno di legge sull’iscrizione al sindacato dei contadini]

(Sessione di martedì 3 giugno 1947)

IL SIGNOR SEGRETARIO. Compete all'Onorevole Senato votare le osservazioni formulate da S.E. il presidente di a Repubblica al disegno di legge sull’iscrizione alla sindacato dei contadini.
[...]
IL SIGNOR NERUDA. Signor presidente, sta negli ultimi tramiti, e sicuramente sarà approvato, questo progetto, fatto con un criterio di inquisitori e di polizia e non con un criterio di legislatori e di esseri umanitari. Sta bene o, sarebbe meglio dire, sta male.
Disgraziatamente, le osservazioni, il veto del signore presidente della Repubblica, non distruggono la malevolenza fondamentale, la malignità con che si è elaborato questa legge mostruosa, nella quale noi non collaboriamo.
Sarebbe lungo ridondare in ragioni che sono stati già esposte da queste stesse banchi.
Alcune settimane fa, l'Alianza de Intelectuales de Chile, della quale sono presidente onorario, si rivolse ad un gruppo di avvocati che conoscono in tutta la sua profondità il nostro sistema giuridico e chiese loro una relazione; l'ho nelle mie mani e non desidero leggerla, perché è troppo lunga, ma chiedo al signor presidente che richiami l'assenso della Sala affinché sia pubblicata facendo parte delle considerazioni che faccio questo pomeriggio per spiegare il mio voto.
Stiamo, forse, nel secondo atto di questo dramma dei contadini cileni. Il primo atto è stato lungo e terribile: sono stati cento anni, o più, di miseria, di fame e di schiavitú. Il secondo atto è questa legge iniqua. Io dico ai signori legislatori della destra, responsabili di questo progetto, affinché ascoltino i contadini di tutta la mia patria, che conoscono chi sono i responsabili delle innumerabili difficoltà e tragedie che comporterà l'approvazione di questa legge, dico loro, con speranza, che il terzo atto di questo dramma dei contadini lo scriveranno, possibilmente, loro stessi, quando potranno abolire queste leggi criminali che si vogliono dettare.

["In memoriam" di Rafael Luis Gumucio]

(Sessione di martedì 17 giugno 1947)

IL SIGNOR NERUDA. Con profondo rispetto aderiscono a questo omaggio i senatori comunisti.
Con l'aiuto del popolo alcuni capitani eroici fondarono la nostra patria ed in lei germinò, da allora, uno spirito, un senso nazionale.
Ma la patria non è solo territorio ed estensione; è profondità ed altezza. Elevata e profonda è la figura di Don Rafael Luis Gumucio.
Nella nostra vita politica c'è gente effimera che brilla e sparisce. Gente biricchina e roteante che gioca coi principi e si veste con essi fino a che la prima raffica della tempesta gli strappa la tunica e li lascia nella loro meschina nudità, davanti agli occhi del popolo. In Don Rafael Luis Gumucio i principi erano tessuti nei fondamenti della sua personalità, avevano un solo contesto le sue idee e la sua vita. Per mantenere queste idee ricevè innumerevoli ferite morali, dentro e fuori della sua propria collettività politica. Patriota vero, antifascista, antifranquista, antimperialista, il suo elevato atteggiamento, la sua vita incorruttibile dettero prestigio agli ideali politici cristiani.
Lasciò per sempre stigmatizzata un certa stampa cavernicola. Non possiamo dimenticare noi comunisti le sue parole che in questa ora, ripetute vicino alla sua fresca tomba e nelle circostanze attuali, riscuotono un valore di avvertenza per la nostra nazione. Disse il signor Gumucio, il 16 gennaio 1945: "Al comunismo non si combatte con prigioni e persecuzioni; non si combatte con insulti; non si combatte con bugie."
Disse in quella stessa occasione: "Applaudo con tutta l'anima che i cattolici della Falange Nazionale si distacchino come partito. Applaudo che vadano contro il capitalismo individualista. Celebro Applaudo che con sincerità vogliano giustizia sociale. Applaudo ai loro sforzi per i giusti prezzi ed i giusti salari. Applaudo, finalmente, che non siano reazionari."
È degna di essere ascoltata questa voce di una gran coscienza del Cile, quando una campagna di viltà inaudita contro i comunisti vuole oscurare l'ambiente per occultare indecorosi propositi.
Noi, comunisti, separati dei suoi ideali per filosofie differenti, segnaliamo in questo gran democratico come è possibile coincidere, da posizioni diverse, in punti comuni per la difesa del nostro paese e della libertà.
Qui si parla molto di un vecchio Cile che molti pretendono pieni di virtù e santità, di serietà e sincerità. Qualcosa di quelle virtù, in realtà, formò il patrimonio della nostra patria. Ma esse formano solo il panorama dell'altezza, i grandi alberi che non lasciano vedere il bosco. Vicino a tali innegabili virtù si mantennero l'analfabetismo, la miseria fisiologica, le abitazioni inumane, lo schiavitú dei servi.
Don Rafael Luis Gumucio non appartiene a quel passato, non calza in quel vecchio Cile patriarcale e feudale.
È un precursore di nuove età, di un'epoca nuova per la nostra patria, appartiene ad un nuovo Cile. Le sue idee religiose che rispettiamo e che non condividiamo, non lo fecero difensore dello sfruttamento, bensì degli sfruttati.
I comunisti vogliamo molti avversari come lui. Siamo obbligati a rivelare l'esempio di tali avversari politici, lodando le sue preoccupazioni per la salute ed il futuro del paese. Ugualmente, siamo obbligati a segnalare nei nostri più prossimi alleati le debolezze e le concessioni che ostacolano il progresso che desideriamo in comune per il Cile. Non siamo né avversari né amici incondizionati. La nostra inimicizia come la nostra amicizia stanno subordinate ai supremi interessi del paese.
Gli ultimi anni di Don Rafael Luis Gumucio furono di grave e pensosa solitudine. I farisei lo perseguirono ed egli mantenne dal suo ritiro la rettitudine di un pensiero sociale cristiano rinnovatore e prezioso.
La sua vita pulita, la sua vecchiaia solitaria, sarebbero stati degni temi per una delle vite di Plutarco. Ma dove trovare una vita parallela? Forse in Luis Emilio Recabarren. Recabarren venne dal popolo, della marea dello scontento popolare che reclamava giustizia sociale, ed elevò queste correnti impetuose, fondando il Partito Comunista del Cile, all'altezza della morale politica universale e portò la palpitazione della massa alla conoscenza e alla maturità della sua coscienza. Gumucio, partendo di alti ideali, arrivò per le strade della sua dignità intellettuale a condividere e difendere le speranze del paese.
Il Partito Comunista del Cile inchina le sue bandiere di lotta davanti a questa nobile figura che scompare dalla nostra attiva democrazia.

[Posizione ed azione del Partito Comunista del Cile]

(Sessione di mercoledì 18 giugno 1947)
[POSICIÓN Y ACCIÓN DEL PARTIDO COMUNISTA DE CHILE.] (Pagine 665-670.) Testo di molto interesse per chi voglia addentrarsi nella dimensione politica della poesia di Neruda, nella sua ambizione di alta dignità letteraria per l'ideologia dei suoi testi di trincea. Compito molto difficile che Neruda affrontò in piena coscienza e sincerità, e soprattutto con coerenza. Notare per esempio in questo testo l'elenco di modesti militanti del partito, rispettabilmente chiamati coi loro nomi individuali (operazione sempre significativa in Neruda) in uno dei recinti di più alto prestigio nel paese. Egli va nella stessa direzione dell'elenco di figure umili elevate alla dignità epica nel capitolo "La terra si chiama Juan" di Canto general.

IL SIGNOR NERUDA. Il presidente della Repubblica ha formulato dichiarazioni contro il Partito Comunista in relazione con gli incidenti recenti nello sciopero di autisti ed esattori di autobus e minibus.
Ho la missione di riferirmi a queste espressioni e lo faccio a nome della Commissione Politica del mio partito.
Tenterò di farlo con l'elevazione che corrisponde ad un Partito che si distingue per la sua dignità politica e morale e per il rispetto che meritano gli impegni presi con la nazione. Al paese non interessa una polemica tra il Partito Comunista ed il presidente. Interessa la soluzione dei suoi gravi problemi.
Sullo sciopero di questo personale, lasciatemi dire che la sua soluzione si sta trovando in questo giorno odierno sulle basi impostate dal primo momento dagli operai, cioè, il compimento degli atti di accordo firmati nel dicembre dell'anno scorso e che i proprietari hanno deriso durante più di 6 mesi.
Voglio precisare che fra questo personale di 3.000 lavoratori, ci sono solo 70 militanti comunisti e che nella direzione del sindacato, tra 11 dirigenti, ci sono 4 comunisti, scelti per l'abnegazione ed il sacrificio che hanno dimostrato nella difesa della corporazione.
Lo spionaggio poliziesco che il signor presidente promise di sopprimere perchè inutile e corrotto, ha tergiversato le informazioni su queste incidenti e ha alimentato, occultando le sue criminali provocazioni, l'organizzazione fascista chiamato ACHA, rispetto alla quale si mantiene un rigoroso silenzio.
Queste organizzazioni forgiarono il clima necessario per questa prima azione e fabbricarono una relazione falsa per ingannare al governo e dopo questi fatti servirono per mettere la capitale del paese in un clima di inquietudine grave ed in stato di emergenza, in lotta con la legge e la Costituzione e che feriscono gravemente alle istituzioni democratiche.
Quale è la risposta dei comunisti alle commentate dichiarazioni di un mandatario il cui arrivo al seggio dei presidenti del Cile fu il frutto di una gloriosa, eroica e speranzosa lotta delle forze democratiche, specialmente dei militanti operai ed intellettuali comunisti?
La nostra risposta al presidente consta solamente di tre parole e vogliamo che li sentano con attenzione il Senato e tutto il Cile: compia il programma.
Voglio ricordare alcuni circostanze della recente lotta presidenziale: i tre candidati appartenevano alla classe media professionale ed intellettuale; i tre furono considerati come persone di solvibilità morale; i tre erano senatori della Repubblica, ed i tre furono trattati in accordo con questi concetti rispettosi dalla maggioranza della popolazione. A me, come capo della propaganda della campagna dell'attuale presidente, toccò fissare le linee decorose che permettessero l'esposizione delle nostre idee senza arrivare mai all'attacco personale a nessuno degli altri candidati alla presidenza della Repubblica, altrettanto stimati da grandi settori della cittadinanza.
Che cosa distingueva, dunque, questi candidati? Quale fu la chiave vera del trionfo?
Il programma di azione, elaborato dalle forze popolari alla cui testa agivano strettamente uniti i Partiti Radicale e Comunista.
Così la lotta democratica in quelle elezioni straordinarie deviò ad una lotta di principi ed il risultato fu la vittoria di quel programma.
Quel programma sta in La Moneta, fu portato lì per l'immensa aspirazione del popolo organizzato. Quel programma è capo di governo e il popolo del Cile, quando guarda il palazzo, non vede persone ma lettere, lettere di un programma che furono allineate a centinaia di migliaia di esemplari e che continuano a trattenere il senso dalla lotta democratica.
Di quello programma il mio partito non ha ricevuto osservazione alcuna. Non può avere obiezioni da quelli che gli dettero vita, dalle forze che l'elevarono al seggio delle realizzazioni e che rimangono irremovibilmente leali a esso.
Nella sua dichiarazione, il presidente della Repubblica promette un'altra volta di compiere il programma prima giurato da lui. Questa è la parte positiva della sua dichiarazione. È, pertanto, per noi i comunisti, la sua frase più importante. Altri cercheranno la polemica artificiale, alla quale noi non ci presteremo. Le orde di Olavarría si preparano per lanciare la loro gente armata a seminare il terrore, che buon risultato dette loro con l'assassinio perpetrato negli incidenti dello sciopero degli autobus, e dopo tratteranno, come la criminale Caldera, di squartare la nostra democrazia e seppellirla in pezzi.
Ma questi elementi non solo esistono. Esiste una coscienza popolare, quella che scelse un programma, quella che trionfò il 4 settembre.
Anche questa coscienza popolare vigila e spera. Non vigila come la forza retrograda per ostacolare che il presidente mantenga le sue promesse, bensì per spingerla e dargli il suo appoggio, nonostante tutta la virulenta campagna sviluppata da stampa e radio contro il gran partito del paese, il Partito Comunista.
Le forze reazionarie esigono in questi momenti il capitolazione del governo e l'abbandono totale del programma del 4 settembre.
[...]
Trecento cileni, membri del Partito Comunista del Chile, si riunirono in una conferenza nazionale tra il giorno 22 e 27 del mese scorso.
La stampa reazionaria, gli agitatori interessati, tutta quella fauna velenosa che vive succulentamente come in un gigantesco brodo di coltivazione, aderita alla preistoria sociale del Cile, i campionii antisindicali, i mercenari della stampa "seria", gli schiavizzatori del contadino cileno, si misero a diffondere, un'altra volta, le consegne straniere sul partito del paese cileno.
Credo che la ripetizione di una calunnia faccia che incorrano in essa non solo i malvagi, ma anche la gente onesta, a cui precisamente si tratta di aggroviglicare nella miserabile causa dell'estremismo anticomunista, l’incarto trasparente della persecuzione antidemocratica.
Si insistè, dunque, su questo partito che, da un lato, andava a mostrare le sue divisioni interne, divisioni in cui sperano da molto tempo inutilmente molti settori che vogliono debilitare la maggiore forza democratica del nostro paese e si disse che i comunisti riceverebbero istruzioni di una lontana città europea e, malevoli alcuni ed ignoranti ed ingannati gli altri, propinarono insensatezze e falsità ben conosciute che mi annoia e ripugna enumerare.
Che cosa ha questo partito di straordinario che suscita tante violenze e cospirazioni contro di lui?
Perché tanto rancore aizzato contro un raggruppamento umano?
Perché è scelta questa, tra le forze democratiche, come banco di attacchi senza quartiere di tutte le forze tenebrose del passato?
Perché si destinano milioni di dollari nella persecuzione di questi ideali politici?
Perché in questa campagna anticomunista si conta colla corruzione e colla falsificazione quasi giornaliera di documenti pagati a buon prezzo da certi settori?
Per quale virtù si uniscono i più poderosi interessi, i monopoli di importanza internazionale, fino ai rapaci e avidi rappresentanti creoli delle forze del denaro contro un partito che in un principio non ebbe più forza che quella di cento operai della pampa, spesso martirizzati, imprigionati o assassinati?
A tutto questo risponde questo esame della Conferenza del Partito Comunista che voglio fare rapidamente per non affaticare all'Onorevole Senato.
Prima di tutto, esprimo la mia illimitata ammirazione per l'immenso progresso del nostro paese, qui politicamente rappresentato.
Non si diressero quelli delegati usciti dalle viscere del popolo a recriminare ad altri gruppi politici popolari, non ascoltai in quei lunghi dibatti un intervento che trasluceva personalismi, divisionismi o ambizione. Questa conferenza, questa discussione collettiva, trattò con spossante insistenza i grandi e piccoli problemi della nostra patria.
Non dimenticherò mai le parole di María Ramírez, operaia tessile, sui diritti della donna nella legislazione del lavoro, su sale per neonati, su riposo materno, sulle lotte e preoccupazioni delle donne.
Non dimenticherò neanche Hugo Vivanco, contadino di Aconcagua, che parlando dei problemi agricoli della sua provincia, denunciando la politica della Banca di Credito Agrario, fautrice dei proprietari terrieri e mai diretta a prestare aiuto economico ai piccoli e medi agricoltori.
Né Juan Yáñez, dirigente operaio del sud che chiedeva una politica di maggiore energia per fermare gli incendi ed esprimeva la sua preoccupazione per la perdita di questa ricchezza e desiderava pianificare e praticare una politica di rimboschimento.
Né il giovane operaio ferroviario Rene Corbalán che ci dettagliò gli sforzi della corporazione per aumentare la produzione e come, con idee uscite degli stessi, si sia decongestionto il carico, facendo lavorare le locomotive in
pool.
Né quando Cipriano Pontigo esaminava, come tecnico e politico contemporaneamente, le conseguenze della siccità nel Nord Chico ed indicava fino ai suoi dettagli più piccoli un aiuto effettivo per i piccoli agricoltori di quella zona, spingendo con una chiaroveggenza straordinaria le misure di afforestamento che intercetterebbero la marcia del deserto.
Né l'analisi che fece Luis Valenzuela sull'intensificazione della produzione, sulla Corporación de Ventas de Cobre e su una migliore politica di cambiamenti.
I delegati contadini delle lontane isole del sud portavano puntuale racconto della loro vita nel duro clima di quelle latitudini ed idee pratiche per migliorare i trasporti e portare i prodotti senza speculazione né accaparramento verso i consumatori più bisognosi del centro e del nord. I minatori del nord, preoccupati già da problemi colossali per la loro ripercussione nelle finanze della patria, e la voce dei contadini toccavano, per la prima volta magari, alle porte della patria affinché si aprissero e passasserp ad incrementare la coscienza organizzata che spingerebbe il nostro sviluppo.
Ebbi la sensazione, in questa Conferenza tanto sprovvista di politica, tanto chiaramente patriottica e sensata, di vedere il corpo del Cile, arrivando, finalmente, alla sua maturità.
Le parti più vitali, più intime e preziose dell'organismo della nazione erano lì rappresentate. Da ognuno dei climi, da ogni angolo delle province, da ogni piega del nostro vasto ed aspro territorio era arrivato lì un meccanico o un marinaio, un pescatore o un impiegato, un minatore o un falegname, uno scrittore o un inquilino, un ingegnere o un ferroviere, cioè, quelli che ogni giorno affrontano la battaglia colossale del lavoro, quelli che ogni giorno portano avanti il processo della creazione economica. Tutti quei rappresentanti dei settori operai parlavano lì con l'autorità unica di un popolo che è disposto a conquistare il suo proprio benessere e la grandezza della nazione.
Tutto questo rivela che, grazie all'insegnamento ed alla direzione del Partito Comunista del Cile, il paese è arrivato ad essere maggiore di età. Quella riunione mostrava le necessità più urgenti e le strade che deve percorrere il nostro paese per risolverli.

[Una Casa della Cultura per Santiago]

(Sessione di martedì 2 settembre 1947)

[...]
IL SIGNOR NERUDA. Il signore ministro dell’Educazione ha usato per contestare l'indicazione [fondare a Santiago una Casa della Cultura] la stessa formula che i nemici dell'Università di Concepión usarono per anni per ostacolare la sua creazione. Non stabiliamo più cose che non funzionano bene! ha detto il signor ministro. Come sa il signor ministro, quale intuizione divina gli indica che questa istituzione non funzionerà bene? Che tipo di burocrazia potrebbe importare allo Stato una Casa della Cultura che sarebbe il rifugio per gli artisti e scrittori che sono erranti per il nostro paese in questi momenti e che non hanno un locale adeguato dove riunirsi? È davvero denigratorio per il nostro paese e per tutte le sue istituzioni culturali che la patria dell'unico premio Nobel americano non abbia nel suo capitale un luogo dove possano riunirsi gli scrittori. La Società degli Scrittori del Cile, per anni, ha vissuto della carità pubblica, ospitata per lunghi anni, grazie alla generosità degli antichi direttori di
El Mercurio, non degli attuali che gli dedicarono una piccola sezione dove riunirsi. Adesso funziona grazie alla carità di una compagnia commerciale, in un piccolo locale che gli fornisce, dove non può ricevere né riunirsi in forma adeguata. Per non parlare, onorevoli colleghi, delle necessità degli artisti plastici che non hanno in realtà un locale dove esporre le loro opere.
In una capitale di più di un milione di abitanti abbiamo solo una sala grande, la sala commerciale della Banca del Cile, che riscuote prezzi davvero usurari agli artisti per esporrli i loro quadri e benché ne abbiamo altre, esse sono inadeguate, piccole, come la sala dell’Università del Cile e quella del Ministero dell’Educazione che creó uno dei precedenti ministri dell’Educazione, il signor Benjamín Claro.
Signor presidente, ho appena fatto una visita alla Repubblica Argentina. Mi ha ricevuto la Società degli Scrittori Argentini che ha un bel locale, con giardini, con stanze per gli scrittori visitatori, con club, con sala delle riunioni e piccoli locali di riunioni, con sale per scrivere e biblioteca in cui fare consultazioni.
Voglio domandare al signore ministro se conosce l'esistenza di un locale così tra noi e perché pretende di schiacciare questa indicazione che rivela solamente la necessità assoluta di avere queste comodità per gli scrittori, per i musicisti, per i pittori, per la gente di teatro e per la Federazione degli Artisti Plastici ed la cui amministrazione starebbe garantita, d'altra parte, dai tre organismi fondamentali dell'educazione: l'Università di Concepción che avrebbe un delegato in questa casa, l'Università del Cile ed il Ministero dell’Educazione.
In quanto al fatto che si spoglierebbe quella Università di pesos 5.000.000, abbiamo preso conoscenza, per la parola del signor ministro dell’Educazione, che i pesos 10.000.000 sono per l'acquisizione di proprietà rurali.
Ebbene, come si destinano pesos 10.000.000 per proprietà rurali - che sicuramente necessitano e che non discutiamo, poiché il signore ministro ha difeso tanto drammaticamente questa necessità - bene può accogliersi la nostra indicazione e ci rifiutiamo un po' di credere il signor ministro, nonostante la sua veracità e della sua solvenza, che l'Università di Concepción stesse in tanto grave pericolo di cadere se si approvasse quello che ho proposto.
Voglio dire che il capitale che si sta creando non diminuirà le riserve che vuole avere l'Università di Concepción per compiere bene i suoi obiettivi né ritarderebbero in assoluto i piani dell'università, se gli sottraessimo solo per tre anni i denari necessari per la creazione di un'istituzione dove possono riunirsi questi gruppi di artisti, musicisti e scrittori o intellettuali e tutti quelli che si vedono obbligati a chiedere di prestare sale per esporre le loro opere.
A questo deve unirsi che quello che ora costa pesos 15.000.000, entro alcuni anni, quando il Senato debba riconsiderare un rifiuto di questa specie o quando ci sia un ministro dell’Educazione che, invece di schiacciare questa indicazione, voglia stimolarla, sarà tardi, perché costerà pesos 50.000.000 o 100.000.000. Per queste ragioni, voglio chiedere all'Onorevole Senato che facciamo questa opera di cultura che ringrazieranno tutti gli intellettuali, maestri, scrittori, artisti e giornalisti del nostro paese.

[Sul rovesciamento di Velasco Ibarra in Ecuador]

(Sessione di martedì 26 agosto 1947)

[...]
IL SIGNOR NERUDA. Signor presidente:
Già qualche tempo ha, in un altro paese, un uomo fu ricevuto dal suo paese come poche volte nella nostra America e portato alla prima magistratura della sua patria in virtù di principi e di un programma che incarnavano il popolare ed il nazionale, le aspirazioni e gli ideali di quell'ora. Egli si impegnò con impegno solenne a realizzare, con l'aiuto dei partiti che conquistarono per lui il potere, un vasto programma di benessere collettivo, di sviluppo economico, di giustizia e di progresso.
Il mandatario si trasformò nel potere. Cedette davanti alla pressione dei nemici del suo paese, cedette davanti alla minaccia ed il ricatto imperialista, convertì i suoi amici in favoriti servili e sollecitò ed ottenne, inventando il pericolo comunista, a cui ricorrono sempre i democratici incoerenti, facoltà per perseguire e spezzare le ideologie che lo portarono al potere nel suo movimento storico. Fu amato come pochi mandatari prima di lui e sdegnato quando tradì al suo paese, come nessuno.
Mi riferisco al presidente fuggitivo dell'Ecuador, José María Velasco Ibarra. Gli stessi militari che egli chiamò al potere per appoggiare con la forza la sua megalomania, l'hanno sloggiato da quyello, quando la sua presenza era un ostacolo, per la sua impopolarità, per quelli stessi che portasse al governo per fortificarsi.
Il popolo ecuadoriano ha saputo mantenere in questa occasione una profonda indifferenza davanti al golpe del palazzo; né un solo uomo è uscito in strada a difendere il suo antico leader e né una sola voce di protesta popolare si è lasciata sentire nelle città ecuadoriane, essendosi dimostrato con questo, una volta per tutte, l'atteggiamento che prende il popolo di fronte ai traditori ed a quelli che soffocano le sue speranze in pozzanghere di sangue.
Iniziando il suo governo, Velasco fu sincero col paese e con sé stesso. Il suo primo gabinetto fu di unità nazionale, nel quale la classe lavoratrice fu rappresentata per mezzo dei partiti comunista e socialista; ma tutti quelli buoni propositi si videro intempestivamente interrotti e Velasco Ibarra incominciò a dare le spalle al paese. Il suo primo passo fu di cacciare dal gabinetto ai rappresentanti delle forze popolari, formando il nuovo governo basato sui partiti oligarchici. Le conseguenze non si fecero attendere. La reazione dominante fece prevalere i suoi interessi su quelli del paese. Le sussistenze salirono notoriamente in pochi mesi. La libertà politica fu ristretta al massimo e le garanzie cittadine furono annullate. Lo scontento cresceva progressivamente fino a che la situazione fu impossibile da sostenere per le vie legali. Il popolo chiedeva pane e, siccome non c'era, era necessario dargli pallottole affinché tacesse il suo stomaco. Con un'abilità senza precedenti Velasco Ibarra ingannò astutamente l'esercito, che compromise per fare il golpe di dittatura del 30 marzo dell'anno passato. Velasco disse all'esercito che bisognava difendere la stabilità delle istituzioni minacciate dai comunisti che preparavano una rivoluzione di tipo "terroristica", finanziata e diretta dalla Russia. E l'esercito ecuadoriano si sbagliò e prestò il suo contingente per il golpe. Quindi questo stesso esercito si è visto vilipeso e sottovalutato. I più validi militari e degni ufficiali sono stati imprigionati o degradati ed è l'esercito che ha sofferto con più crudezza l'equivoco che ebbe collaborando in una manovra simile. L'esercito ecuadoriano rimase macchiato nel suo onore con tutti i fatti vergognosi che Velasco lo obbligò ad eseguire, tali come l'incendio e distruzione delle officine del quotidiano
La Tierra; flagellamento di più di centosessanta studenti universitari che protestavano contro il dittatore nei chiostri dell'università; massacri degli operai delle fabbriche di Quito che non solidarizzavano coi fatti sanguinari che Velasco metteva in pratica per mantenersi nel potere; confino e persecuzione dei capi dei partiti politici e dirigenti dei lavoratori; dissoluzione dell'Assemblea Nazionale; ignoranza della Carta Politica Fondamentale: fatti che sono a conoscenza di tutti. E tutto questo lo fece Velasco Ibarra dimenticando la sua tradizione, i suoi anni di lotta e sacrificio, i suoi giuramenti e le sue promesse. Velasco Ibarra, l'idolo del popolo, "il maestro della democrazia americana", come si faceva chiamare, claudicava miserabilmente davanti alla pressione reazionaria ed imperialista. Fino a che queste stesse forze che l'appoggiavano, mentre continuava a divorziare dal popolo, quando non fu necessario per i suoi fini, l'abbandonarono e lo deposero, allontanandolo dal potere e delle frontiere patrie.
Signor presidente: dall'Ecuador, paese fratello che tanto ammirò la nostra democrazia popolare e le nostre istituzioni, c'arriva questa lezione politica, profetica e profonda.
Siamo minacciati da processi simili e ci va cercando una graduale distruzione dei diritti conquistati con la lotta del nostro popolo. Lo stordimento che precede il servilismo si manifesta già nei punti nervosi del nostro sistema. Il Circolo dei Giornalisti di Santiago ha appena sospeso il signor Ramón Cortés, presidente del consiglio di
La Nación, perché questo funzionario, prima campione della libertà di stampa, per ordini del governo ostacolò l'apparizione di un quotidiano indipendente che si imprimeva nelle sue officine. Il ministro dell'Interno ha appena minacciato uno dei 5 grandi quotidiani della capitale di chiusura, perché pubblicò la verità sul prezzo del pane su Lota, ribassato grazie alla lotta degli operai del carbone che obbligarono un governo inattivo a prendere misure contro gli speculatori, richieste da tutto il paese del Cile e che ora cominciano ad abbozzarsi, quando per esse non c'era necessità alcuna delle facoltà, ma dell'applicazione delle nostre leggi, appoggiate dalla decisione di compiere le promesse dal lontano 4 settembre 1946.
La fine della dittatura di Velasco Ibarra, come le forche nella piazza di La Paz, provano che in fondo dei nostri paesi americani, nell'amalgama stessa della sua esistenza cittadina, vivono principi indistruttibili di libertà, che nessuna facoltà straordinaria né nessuna minaccia né persecuzione né martirio riescono ad estirpare. Si è visto nell'Ecuador che gli apprendisti tiranni che entrarono dalle larghe porte della volontà popolare, escono dalle finestre affrettatamente aperte dall'ignominia e dal disprezzo.
Non posso fare gli auguri al nuovo governo ecuadoriano. Già conosceremo la sua azione, già esamineremo se rispondono i nuovi governanti alla marea di indignazione che li impose due giorni fa ed all'ansietà liberatrice del paese fratello. A questo paese, duramente sacrificato dagli oligarchi feudali, imperialisti, reazionari, a questo paese ecuadoriano, che ancora nella miseria desolante dei suoi operai e contadini ebbe forze per lottare contro quelli che lo ingannarono e schiavizzarono, invio attraverso i suoi coraggiosi partiti popolari il mio messaggio più fervente affinché progredisca materialmente e culturalmente, affinché la sua dignità civica sia restaurata, affinché la sua sovranità di piccola nazione sia mantenuta, affinché nella portata di questi ideali non claudichino né vacillino i suoi nuovi governanti.

[Sul conflitto operaio nella zona del carbone]

(Sessione di martedì 14 ottobre 1947)

[...]
IL SIGNOR NERUDA. Signor presidente:
Il nostro paese è stato trascinato in una situazione eccessivamente delicata, dovuto alla mancanza di una politica realistica, costruttiva, efficace, da parte del governo. Diversi problemi che colpiscono tutti i settori della popolazione non hanno fatto che aggravarsi di più giorno per giorno e neanche si cerca di abbordare la soluzione di problemi fondamentali della nazione, enunciati particolarmente nel programma sanzionato dal popolo il 4 settembre dell'anno scorso.
Lo scontento si è generalizzato a tutti i settori politici e sociali e sono arrivati a sorgere l'inquietudine e l'allarme.
Di fronte alla gravità di questo momento, il governo, pretendendo di deviare l’attenzione pubblica delle vere cause della situazione, si sforza e si ostina a dare un carattere sedizioso ad un conflitto provocato per l'intransigenza delle compagnie e soltanto prolungato artificialmente per il capriccio di un uomo, attribuisce finalità politiche a petizioni strettamente economiche e cerca, con maligno proposito, di fare credere che ha estensione nazionale, continentale e mondiale un movimento locale, circoscritto alla zona carbonifera.
Lo sciopero dei minatori del carbone è il culmine di un conflitto che veniva sviluppandosi da mesi nel cui processo si osservò strettamente tutte le disposizioni legali del lavoro. La sua origine è, unica, esclusiva ed intrinsecamente, economica. Il dislivello tra i salari ed il costo della v¡da è arrivato ad estremi mai visti fino ad oggi, a parte che era già conosciuto il fatto che i salari del carbone erano i più bassi che si vantavano in tutte le industrie. Questo fatto è conosciuto oltre le nostre frontiere.
[...]

Perché non si risolve lo sciopero?
Ieri, sintonizzando la radio del Partito Radicale, Radio Corporación, ascoltai qualcosa che tutto il paese deve conoscere. Rispondendo l'annunciatore alla domanda formulata da molti ascoltatori nel senso che gli fossero chiariti coloro che si oppongono alla soluzione del conflitto carbonifero, risponde: «Los operai hanno insistito nella necessità immediata della pacificazione."
Il senatore che parla conversò con una delegazione di Partiti di Izquierda di Concepción, presieduto da un radicale che sollecitò essere ricevuta dal presidente della Repubblica. Questo respinse bruscamente tale petizione. Sono intervenuti distaccati politici di destra in identico senso e è stato risposto loro con la stessa ostinata negatizione. Gli stessi dirigenti dell'industria citata hanno offerto appianare la strada ad una soluzione, ma il signore González Videla gli ha manifestato che non accetta nessuna sistemazione, che lo sciopero non è un problema economico ma di politica internazionale, una prima battaglia nella terza guerra mondiale.
Cioè, l'unica persona che si oppone a risolvere lo sciopero è il presidente della Repubblica.
[...]
Non solo le spalle ha dato al paese l'attuale mandatario. Ha fatto qualcosa di più grave, ha dato giri il suo cuore e la sua testa. Ha rivoltato il suo cuore a quelli che lo scelsero, a quelli che si ruppero le unghie scrivendo il suo nome per le vie e le strade della patria. La sua testa ha dimenticato il senso dell'equilibrio e della giustizia.
Si lamenta il governo della divisione della sinistra. Che si cerchi l'autore, l'unico divisionista della sinistra, tra le pareti di pietra del palazzo.
Lì sta colui che ostacola l'unità dei partiti e che, con la sua azione, sta distruggendo il suo proprio partito.
[...]
Il Partito Comunista ha aiutato nella corsa politica dell'attuale presidente della Repubblica con più sacrificio che nessuna altra collettività. Nelle elezioni senatoriali il mio partito gli cedette il primo posto che ci spettava, posponendo nella lista elettorale ad un uomo tanto amato dal nostro paese come Elías Lafertte e facendo rischiare la mia propria candidatura. Nelle elezioni presidenziali, in cui mi toccò fare da capo di tutta la propaganda nazionale della candidatura, furono i comunisti quelli che dettero fuoco sacro ed impulso travolgente alla campagna. Tre dei nostri migliori camerata occuparono con lealtà ed onestà portafogli ministeriali in cui trovarono ostacoli premeditati per compiere il programma del 4 settembre.
Da tempo, dallo sciopero dei conducenti di autobus e l'ingiustificato massacro di gente pacifica che lì si realizzò, il presidente della Repubblica ha voluto fare dei comunisti che così l'aiutarono, l’oggetto principale di attacchi insultanti, cui non rispondemmo, usando un linguaggio sconosciuto nella lingua dei presidenti del Cile. Ci appelliamo un'altra volta a tutti i partiti, specialmente al Partito Radicale, per esigere il compimento delle promesse giurate al paese. Questo sembrò portare al parossismo al primo mandatario.
Oggi che sembra avere trascinato il direttivo di questo grande e fraterno partito ad una prossima catastrofe amministrativa, politica ed elettorale, hanno i comunisti il dovere di mostrare a nudo, agli occhi del paese chi, seguendo la sua traiettoria, si prepara per ingannare domani i suoi nuovi alleati.
[...]
Questo sciopero del carbone, legale e locale, deve avere anche la sua soluzione legale. La CTCH [Confederazione di Lavoratori del Cile], coi documenti che ho letto e che il governo impedisce di pubblicare, desidera e cerca questa soluzione che conviene agli interessi della nostra patria nella sua integrità.
Ma conviene anche alla nostra patria che i suoi figli non siano trattati come schiavi. Devono deliberare e discutere la soluzione proposta e deve aprirsi la strada per l'arbitraggio dei punti che non siano essenziali.
Nel frattempo, segnalo dall'unica tribuna che mi è stato possibile occupare dovuta alla persecuzione poliziesca, dall'alta tribuna del Cile, da questo Senato, che lo sciopero carbone ha trovato fino ad ora un solo ostacolo: il proprio governo, che propizia solo la soluzione o dissoluzione violenta di un movimento tanto giustificato che ha richiamato l’attenzione del mondo intero quando si sono rivelati i miserabili salari degli operai del carbone.
Ad essi vada il mio saluto, la mia completa solidarietà e quella del mio partito, affinché il suo nobile esempio di forza nei suoi doveri e nei suoi diritti, nonostante la calunnia e dell'imposizione, serva in questa ora di confusione e scontento per guidare tutti i cileni nella difesa dei principi fondamentali e costituzionali della nostra Repubblica.

III
DISCORSI E DOCUMENTI SULLA CRISI DEMOCRATICA IN CILE
(1947-1948)

Lettera intima per milioni di uomini

Pezzo già pubblicato, vds. “Per nascere sono nato - Quaderno 6”

IO ACCUSO

(Sessione di martedì 6 gennaio 1948)

Pezzo già pubblicato, vds. “Per nascere sono nato - Quaderno 6”

[L'ultimo intervento nel Senato]

(Sessione di martedì 13 gennaio 1948)

IL SIGNOR MARTÍNEZ MONTT (PRESIDENTE). Ha la parola l'onorevole signor Neruda.
IL SIGNOR NERUDA. Non potrei lasciare passare senza dare risposta e rendere omaggio alle elevate espressioni ascoltate in questa Corporazione al più eminente dei senatori che qui si sentono.
Si sarà stupito l'Onorevole Senato che non mi sia preoccupato dell'incidente di quella mattina in che non potei far uso della parola. In realtà, mi sembrò infimo di fianco alla gigantesca statura del presidente del Senato, elevare, col suo gesto, questa Onorevole Corporazione all'altezza dei più nobili e più sostenuti Parlamenti del mondo, in difesa della dignità e della libertà di opinione.
Sono un perseguitato, onorevole senatore Alessandri, e mi si perseguita giustamente. Una tirannia che comincia deve perseguitare quelli che difendono la libertà. Molte storie si lanceranno allo spazio, molte parole si negheranno, molte cartelloni immensi e neri farà la polizia contro la voce di un patriota che ha osato rivelare procedimenti disgraziati, contrari alla nostra cittadinanza ed alla nostra tradizione democratica. Ma non rimarrà dopo, nell'andare e venire dalla storia, quello che ci rivelava l'onorevole senatore Don Arturo Alessandri, quello che hanno fatto i partiti, non le insidie, persecuzioni né tirannie, che in loro stesse si vanno deperendo.
Come l'onorevole senatore Alessandri ci rivelò, con nobili parole, il posto ed il lavoro di alcuni partiti nello sviluppo del Cile, posto che possiamo criticare, ma in nessun modo negare, io reclamo anche il posto del Partito Comunista tra quelli che hanno fatto storia, per il fatto di combattere valorosamente, coraggiosamente, nazionalmente, per idee che sono patrimonio del paese del Cile e che non sono state raccolte da sette internazionali, bensì dalla sorgente sacra delle idee universali della nostra epoca. Così, anche, altre idee si tirarono fuori da altre correnti grandi e generose, come quelle della Francia della libertà.
Niente può la persecuzione, perché in questi momenti il Partito Comunista sta facendo storia. Saremo isolati apparentemente, ma da tutte parti, come fili invisibili, vengono la fraternità e la solidarietà dal paese e degli uomini liberi. Non potranno essere zittite, né con la censura né con la prepotenza, le verità che ho alzato alla categoria di monumenti affinché siano viste da tutti i cittadini.
Neanche le mani criminali della censura ordinata dal governo che cancellarono la nostra Canzone Nazionale, con viltà incredibile, delle pagine di un giornale affinché non si leggesse il nostro Inno Patrio, potranno distruggere la libertà difesa dal mio partito né potranno neanche cancellare l'atteggiamento dell'onorevole senatore Don Arturo Alessandri.
Reclamo per il Partito Comunista, in questo momento critico, la prima carta tra i difensori del nostro paese e quello di mettere in guardia il paese che comincia una tirannia che domani cadrà sul Parlamento e soprattutto sul Cile.
Per salvaguardare queste libertà del Cile ho alzato la mia voce, quella che non sarà zittita né dalla calunnia né dalla persecuzione.



Sito Internet di Antonio Giannotti - agg. nr. 61 del 24 agosto 2009 | postmaster@antoniogiannotti.it

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