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Neruda - vita e opere
Canti cerimoniali
Neruda scrisse molto e molto intensamente durante il periodo che seguì al suo ritorno del lungo viaggio del 1957. Scriveva dovunque stava, in casa o treno o ristorante, in disposizione sempre attiva (sopra questo e su altri comportamenti del poeta è un'amena e perspicace attestazione: José Donoso, "Ricordando a Neruda", Nerudiana, núm. I, Sássari 1995, pp. 302-305). Varie ragioni determinarono questo attivismo, a cominciare dalla presenza di Matilde che organizzò la vita domestica, sociale e professionale di Pablo come mai prima, sollecitandolo a lavorare giornalmente e sistematicamente con orario preciso (il poeta scelse la fascia tra le 8 e le 11 della mattina come tempo lavorativo di base a Isla Negra o a La Chascona, tempo fisso e costante al quale si univano altri durante il giorno al ritmo dell'umore o secondo il calendario di compromessi). Influirono anche le esigenze economiche crescenti, determinate soprattutto per le costruzioni in corso di La Chascona in Santiago e (dalle fine del 1958) di La Sebastiana in Valparaíso, per cui diventò imperioso l'aumento della "produttività". A Neruda, per il resto, questa accelerazione del ritmo di lavoro gli stava alla perfezione e ringraziò sempre Matilde per i suoi stimoli e controlli che invece le alienarono le simpatie di molti visitatori casuali o frequenti, abituati a precipitarsi a Isla Negra senza preavviso.
Da un'altra prospettiva ebbero influenza anche l'arrivo dell'autunno sulla vita di Neruda, la coscienza o la paura del tempo restante a disposizione, qualche malattia, ma soprattutto le intime riorganizzazioni nella visione della realtà immediata e della storia a cui l'obbligavano le delusioni e le perdite. In questo senso il poeta si sentiva solo, disabitato, “senza altri dei che il tuono" come scrisse in apertura di Las piedras de Chile. Nessuno poteva aiutarlo né nel suo personalissimo modo di elaborazione del lutto intimo per la morte dei suoi sonni utopici, né nelle simmetriche fatiche di rifondazione del suo - ora autunnale - mondo interiore.
Questa malinconia contraddittoria, dibattendosi tra il morire ed il rinascere in condizioni inedite (postmoderne) per Neruda, impregnò i dieci Canti cerimoniali scritti in diversi posti del pianeta tra 1959 e 1961. Di estensione maggiore che l'abituale o media, e carichi di una certa solennità, questi dieci testi risposero inoltre alla tendenza - sempre viva in Neruda - ad una poesia di ampia portata ed ambizione, all'irrinunciabile progetto ciclico che parlerà in 1964, come se all'improvviso il poeta avesse notato un'assenza o vuoto di questo tipo nel suo sviluppo più recente.
Prima edizione: Canti cerimoniali, Buenos Aires, Losada, 1961 (ottobre), 115 pp.
I testi: alcuni osservazioni
IL NIPOTE DI OCCIDENTE. (Pagine 1019-1020.) Testo complesso, denso e perfino enigmatico che registrò un tentativo anche eccentrica a mio avviso (e che per ciò rimase stilisticamente isolato, senza continuazione) verso la poesia della memoria che coagulerà in Memoriale di Isola Nera.
L'INSEPOLTA DI PAITA. (Pagine 1021-1040.) Non l'epica della libertà che fu il filo conduttore dei capitoli "storici" di Canto generale, bensì la ricerca e riscatto di un'eroina subalterna. Un frammento di storia minore, una protagonista di riflesso portata in primo piano. Ma il vero protagonista del testo è la dimenticanza. Il poema fu scritto durante il viaggio per mare verso il Venezuela nel gennaio del 1959. In lettera a V. Teitelboim *, p. 401, informò: "Scrivo conferenze. Anche un lungo poema su Manuelita Sáenz, l'amata di Bolivar. In Paita, di dove è la poveretta, morì, molto vecchia. Scendiamo a vedere la sua tomba. Su questo tema è il mio poema."
TORO. (Pagine 1047-1051.) Poema scritto a Parigi a metà di 1960, destinato ad una pubblicazione con 15 acquarelli di Picasso (1961). Il testo è anche pittorico (colori, lucentezze, dinamismi) e contemporaneamente musicale (ritmi, accentuazioni, risonanze corale): si direbbe la trascrizione poetica di un balletto.
CORDIGLIERE. (Pagine 1052-1055.) Testo scritto il 19 febbraio 1961 sull'aeroplano che portò di ritorno a Neruda dal nord del Cile. Erano i giorni della morte del leader comunista Elías Lafertte nel cui omaggio scrisse anche il poeta - durante lo stesso volo - il testo "Corona per il mio maestro”.
ELEGIA DI CADICE. (Pagine 1056-1061.) Il 12 novembre 1960 Pablo e Matilde si imbarcarono a Marsiglia di rotta a Cuba. L’imbarcazione fece scalo a Cadice dove Neruda ottenne almeno un permesso per una passeggiata per la città ("Da queste strade, da queste pietre, da questa luce consumata / uscì verso le Americhe..."). A partire dall'evocazione storica il poema elabora una riflessione comparata sui destini della Spagna e dell'America spagnola.
CATACLISMA. (Pagine 1062-1069.) A Parigi Neruda ricevette la notizia degli apocalittici terremoti del maggio 1960 nel Sud del Cile, in particolare del maremoto che investì Valdivia e Porto Saavedra. "È l'ira dei vulcani, il disaccordo delle placche terrestri. Il mare che divorò il molo, entrò per le finestre. Sono cadute le torri, sono cadute le campane. Bisogna fondare un'altra volta la patria tremula. Si dà al compito in Europa. Metterà la poesia e la pittura in piedi per ricostruire un muro, una porta, un pezzetto di paese" (Teitelboim, p. 402). –“Il vecchio poeta di barba gialla": allusione ad Augusto Winter, poeta autore di "Il lago dei cigni."
LAUTRÉAMONT RICONQUISTATO. (Pagine 1070-1074.) Questo è uno dei poemi "uruguaiani" che derivarono dall'amicizia tra Neruda ed Alberto Mantaras, alla cui insistenza si deve anche il poema dedicato a Artigas in La barcarola del 1967. Il quale non bastò, tuttavia. Come Mantaras continuò a dispiacersi dell'assenza di eroi uruguaiani in Canto generale, Neruda decise di trasportare "Artigas" in quel libro nel 1968. (Al rispetto leggi il capitolo "Quei larghi giorni" in Varas, pp. 131-176.)
La rivista Cuadernos della Fundación Pablo Neruda porta nel suo numero 29 (Santiago 1997) pp. 17-19, un facsimile del manoscritto originale del primo frammento di "Lautréamont riconquistato”, a cui mi appoggio per scomporre in due l'unico verso 19 ("Ducasse era solo... corpo a corpo") di OC 1973, tenendo in conto, inoltre, la presenza di settenari nel frammento III.
da “Obras completas” – Galaxia Gutemberg – volume II – Notas – di Hernán Loyola – pp. 1390-1393
CANTOS CEREMONIALES
[1959 – 1961]
EL SOBRINO DE OCCIDENTE
LA INSEPULTA DE PAITA
Prólogo
I. La costa peruana
II. La insepulta
III. El mar y Manuelita
IV. No la encontraremos
V. Falta el amante
VI. Retrato
VII. En vano te buscamos
VIII. Manuela material
IX. El juego
X. Adivinanza
XI. Epitafio
XII. Ella
XIII. Interrogaciones
XIV. De todo el silencio
XV. Quién sabe
XVI.Exilios
No comprendo
XVII. La soledad
XVIII. La flor
XIX. Adiós
XX. La resurrecta
XXI. Invocación
XXII. Ya nos vamos de Paita
EL GRAN VERANO
I. El verano es ahora más ancho que mi patria
II. Salud!, honor ilei pórfido, lección
III. No tengo ya raices,
IV. Todo un día dorado
TORO
I. Entre las aguas del norte y las del sur
II. Entonces el toro fue sacrificado.
III. Vistieron a un labriego pálido
IV. Entonces cayó la primera goia de sangre y floreció,
V. Fue escogido entre todos el compacto,
VI. Una pequeña espada con su traje,
VIl. Lisa es la femenina coma una suave almendra,
VIII. El caballo escapado del fuego,
IX. De la sombra bestial suena ios suaves cuernos
CORDILLERAS
I. Yo venia por d aire desde Copiapó,
II. Era verdad, sin duda, existíamos,
III. De pronto vi la última luz, el estandarte
IV. Pero bajé los ojos y vi,
V. Diré, pues, que el color no era de un solo pétalo,
VI. Era mi patria y estaba desnuda.
ELEGÍA DE CÁDIZ
I. El más lejano de los otoños perdidos,
II. Hace treinta y tres años este tren
III. Los elegantes barcos cerrados como tumbas
IV. Amarrada a la costa como una clara nave,
V. Desde estas calles, desde estas piedras, desde esta luz gastada
VI. De tanto ayer mis patrias andan aún apenas.
VII. Como dos campanadas ca destierro
VIII. Piedra para los pueblos, ayer, hoy y mañana!
CATACLISMO
I. La noche de mil noches y una noche,
II. De ios cuarenta dias frios que llegaron antes
III. Yo soy el sumergido de aquellas latitudes.
IV. Cuéntame tu, pobre Pedro, pobre Juan,
V. El cementerio de los Andwanter en la Isla,
VI. De Puerto Saavedra un patio de amapolas,
VII.Volcanes! Dioses perdidos, renegados,
VIII. Adentro está el terror, abajo duerme el terror,
IX. Amor mío, amor mió, ciérrame los ojos,
X. El miedo envuelve los huesos como una nueva piel,
XI. Volvere a ver cuánto fue respetado
XII. Araucaria, quién eres? Quién soy? Sujeta!
XIII. Debajo de mis alas mojadas, hijos, dormid,
LAUTREAMONT RECONQUISTADO
I. Cuando llegó a París tuvo macho que hacer.
II. Lo conocí en el Uruguay cuando era tan pequeño
III. Americano! Pequeño potro pálido
IV. El falso cruel de noche prueba sus uñas falsas,
V. Del niño misterioso recojamos
VI. Entonces la muerte, la muerte de París cayó como una tela,
OCEANA
I. Océana nupcial, cadera de las islas,
II. Yo no soy, yo, perdí los días porque entonces
III. Océana, reclina tu noche en el castillo
IV. Entonces, fui gastando mi sonrisa y cayeron
V. Cántame caracola, cuéntame la campana,
VI. Sirena o palma plena, paloma de la espuma,
VII. Tengo hambre de no ser sino piedra marina,
VIII. Oceana, dame las concitas del arrecife
IX. Plumajes! Trae contigo el ave
X. Recuerda el corazón de pájaro que llevas
XI. Al fin, al fin no vuelvas a tu piedra marina,
FIN DE FIESTA
I. Hoy es el primer día que llueve, sobre marzo,
II. En aquella reunión de tantos invitados
III. Fin de fiesta... Llueve sobre Isla Negia
IV. Poemas deshabitados, entre cielo y otoño,
V. Nos pasamos la vida preguntando: cuánto?
VI. Nos gusta a los estelas la moraleja, murió
VII. El deber crudo, como es cruda la sangre de la herida
VIII. Fin de fiesta,,. Es tiempo de agua,
IX. La noche se parece al agua, lava el cielo.
X. Los desgranados, los muertos de rostro tierno,
XI. Construyamos el dia que se rompe,
XII. Espuma blanca, mano en la Isla, veo
XIII. Qué podía decir siri tocar tierra?
CANTI CERIMONIALI
(1961)
IL NIPOTE DA OCCIDENTE
L'INSEPOLTA DI PAITA
Prologo
I. La costa peruviana
II. L'insepolta
III. Il mare e Manuelita
IV. Non la incontreremo
V. Manca l'amante
VI. Ritratto
VII. Invano ti cerchiamo
VIII. Manuela materiale
IX. Il gioco
X. Indovinello
XI. Epitaffio
XII. Lei
XIII. Interrogazioni
XIV. Di tutto il silenzio
XV. Chi lo sa
XVI. Esili
Non comprendo
XVII. La solitudine
XVIII. Il fiore
XIX. Commiato
XX. La risorta
XXI. Invocazione
XXII. Ce ne andiamo da Paita
LA GRANDE ESTATE
I. L’estate è adesso più ampia che nella mia patria
II. Salve, onore del porfido, lezione
III. Non ho radici
IV. Tutto un giorno dorato
TORO
I. Tra le acque del nord e quelle del sud
II. Allora il toro fu sacrificato.
III. Vestirono un contadino pallido
IV. Allora cadde la prima goccia di sangue e fiorì,
V. Fu scelto fra tutti il compatto,
VI. Una piccola spada con il suo abito,
VII. Liscia è la femminile come una soave mandorla,
VIII. Il cavallo sfuggito al fuoco,
IX. Dall’ombra bestiale suonano le soavi corna
CORDIGLIERE
I. Io venivo dall’aria da Copiapó,
II. Era vero, senza dubbio, esistiamo,
III. All’improvviso vidi l’ultima luce, lo stendardo
IV. Ma abbassai gli occhi e vidi,
V. Dirò, dunque, che il colore non era di un solo petalo,
VI. Era la mia patria ed era nuda.
ELEGIA DI CADICE
I. Il più lontano dei nostri autunni perduti,
II. Trentatre anni fa questo treno
III. Le eleganti barche chiuse come tombe
IV. Le eleganti barche chiuse come tombe
V. Da queste strade, da queste pietre, da questa luce logora,
VI. Di tanto ieri le mie patrie si muovono ancora a fatica.
VII. Come due rintocchi in esilio
VIII. Pietà per i popoli, ieri, oggi e domani!
CATACLISMA
I. La notte di mille notti e una notte,
II. La notte di mille notti e una notte,
III. Io sono il sommerso di quelle latitudini,
IV. Raccontami tu, povero Pedro, povero Juan,
V. Il cimitero degli Andwanter a Isla,
VI. Da Puerto Saavedra un cortile di papaveri,
VII. Vulcani! Dei perduti, rinnegati,
VIII. Dentro c’è il terrore, giù dorme il terrore,
IX. Amore mio, amore mio, chiudimi gli occhi
X. Amore mio, amore mio, chiudimi gli occhi
XI. Tornerò a vedere quanto fu rispettato
XII. Araucaria, chi sei? Chi sono? Sottomettiti!
XIII. Sotto le mie ali bagnate, figli, dormite,
LAUTRÉAMONT RICONQUISTATO
I. Sotto le mie ali bagnate, figli, dormite,
II. Lo conobbi in Uruguay quando ero tanto piccolo
III. Americano! Piccolo puledro pallido
IV. Il falso crudele di notte prova le sue unghie false,
V. Del bambino misterioso ricordiamo
VI. Allora la morte, la morte di Parigi cadde come una tela,
OCEANIA
I. Oceania nuziale, fianchi delle isole,
II. Io non so, io persi i giorni perché allora
III. Oceania, reclina la tua notte nel castello
IV. Allora, consumai il mio sorriso e caddero
V. Cantami conchiglia, raccontami la campana,
VI. Sirena o palma piena, colomba della schiuma,
VII. Ho desiderio di non essere altro che pietra marina,
VIII. Oceania, dammi le conchiglie della scogliera
IX. Piumaggi! Porta con te l’uccello
X. Ricorda il cuore di uccello che porti
XI. Alla fine, alla fine non ritorni alla tua pietra marina,
FINE DELLA FESTA
I. Oggi è il primo giorno che piove su marzo,
II. In quella riunione di tanti invitati
III. Fine della festa … Piove sopra Isla Negra,
IV. Poemi disabitati, tra cielo e autunno,
V. Non passiamo la vita domandando: quanto?
VI. Non piace agli esteti la morale, morì
VII. Il dovere crudo, come è crudo il sangue di una ferita
VIII. Fine della festa … È tempo di acqua,
IX. La notte assomiglia all’acqua, lava il cielo
X. Gli sgranati, i morti dal volto tenero,
XI. Costruiamo il giorno che si rompe,
XII. Spuma bianca, marzo a Isla, vedo
XIII. Che potevo dire senza toccare terra?