- 1933 - Il fromboliere entusiasta - Pablo Neruda - Popol Vuh - Insetti

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- 1933 - Il fromboliere entusiasta

Avvertenza dell'autore

Le poesie raccolte in questo libro formarono parte di un ciclo della mia produzione aumentato per circa dieci anni. L’influenza che essi mostrano del grande poeta uruguaiano Carlos Sabat Ercasty ed il loro accento generale di eloquenza e alterigia verbale mi fecero sottrarli nella loro grande maggioranza alla pubblicazione. Adesso, passato il periodo in cui la pubblicazione de Il fromboliere Entusiasta mi era pregiudicata intimamente, lo ho consegnato a questa edizione come un documento valido per quelli che si interessano alla mia poesia. Il libro originale conteneva un numero maggiore di composizioni che, se mancano in questo quaderno, è perché si persero per sempre. Anche molte di quelle che qui appaiono sono non concluse, con pezzi mancanti, frammenti caduti all’attrito del tempo, perduti. Mi sarebbe piaciuto possedere tutti i versi di questo tempo sepolto, per darmi prestigio dello stesso interesse che circonda le vecchie carte, e che questo libro non può essere, lo ripeto, tranne il documento di una gioventù eccessiva e ardente.
Non ho alterato né aggregato né soppresso niente di questi versi rinati, ho preferito conservare la loro autenticità, la loro verità dimenticata.
                                                                                              NERUDA
                                                                                              gennaio 1933
 
Faccio girar le mie braccia...
 
Faccio girar le mie braccia come due pale impazzite...
nella notte tutta di metalli azzurri.
 
Verso dove le pietre non giungono e ritornano.
Verso dove i fuochi oscuri si confondono.
Ai piedi delle muraglie che il vento immenso abbraccia.
Correndo verso la morte come un grido verso l'eco.
 
II lontano, là dove non v'è altro che la notte
e l'onda del disegno, la croce dell'anelito.
Vien voglia di gemere il più lungo singhiozzo.
Bocconi davanti al muro che sferza il vento immenso.
 
Ma voglio camminare oltre quell'orma:
voglio sconvolgere quegli astri di fuoco:
ciò ch'è la mia vita e sta oltre la mia vita,
ciò che è d'ombre dure, di nulla, di lungi:
voglio ribellarmi nelle ultime catene che mi leghino,
eretto su questo spavento, in quest'onda di vertigine,
e getto le mie tremule pietre verso questo nero paese,
solo, sulla vetta dei monti,        
solo, come il primo morto,
rotolando impazzito, preda del cielo oscuro
che guarda immensamente, come il mare nei porti.
 
Qui, la regione del mio cuore,
colma di gelido pianto, bagnata di sangue tiepido.
Sento da esso saltar le pietre che mi annunciano.
Vi danza il presagio del fumo e della nebbia.
Tutto di vasti sogni caduti goccia a goccia.   
Tutto di furie, d'onde, di maree vinte.
 
Ah, il mio dolore, amici, non è più dolore umano,
Ah, il mio dolore, amici, non sta più nella mia vita.
E in esso faccio vibrare le fionde che van sconvengo stelle!
 
E in esso s'innalzano le mie pietre nella notte nemica!
Voglio aprire nei muri una porta. Questo voglio.
Questo desidero. Invoco. Grido, Piango, Desidero.
Sono il più dolente e il più debole. Lo voglio.
Ciò ch'è lontano, là dove ormai non v'è più che la notte.
 
Ma le mie fionde girano. Sono. Grido. Desidero,.
Astro per astro, tutti porranno in fuga in schegge.
La mia forza è il mio dolore, nella notte. Lo voglio.
Aprirò quella porta. La passerò. La vincerò.
Vi arriveranno le mie pietre. Grido. Piango. Desidero.
 
Soffro, soffro e desidero. Desidero, soffro e canto.
Fiume di vecchie vite, la mia voce scaturisce e si perde.
Torce e distorce lunghe collane atterrite.
Si gonfia come una vela nel vento celeste.
Rosario dell'angoscia, non son io a recitarlo.
Filo disperato, non son io che lo torco.
Lo scatto della spada malgrado le braccia.
L'annuncio in stelle della notte che viene.
Son io: ma è la mia voce l'esistenza che nascondo.
Il temporale di ululati e di lamenti e di febbri.
La dolorosa sete che fa prossima l'acqua.
La risacca invincibile che mi trascina alla morte.
 
Allora il mio braccio gira, e la mia anima scintilla.
S'arrampicano i tremori sulla croce delle mie ciglia.
Ecco le mie braccia fedeli! Ecco le mie mani avide!
Ecco la notte assorta! La mia anima grida e desidera!
Ecco i pallidi astri tutti pieni di enigma!
Ecco la mia sete che ulula sulla mia voce ormai morta!
Ecco gli alvei pazzi che fan girare le mie fionde!
Le voci infinite che preparano la mia forza!
E piegato in un nodo di aneliti infiniti,
nella notte infinita, getto e s'innalzano le mie pietre.
 
Al di là di quei muri, di quei limiti, lontano.
Devo superare i confini della luce e dell'ombra.
Perché non debbo esser io? Grido. Piango. Desidero.
Soffro, soffro e desidero. Tendo e ronzano le mie fionde.
Il viandante che allungherà il suo viaggio senza ritorno.
Il fromboliere che infrangerà la fronte dell'ombra.
Le pietre entusiaste che faran partorire la notte.
La freccia, la scintilla, la scure, la prua.
 
Grido. Soffro. Desidero. Allora il mio braccio si alza,
verso la notte piena di stelle sconfitte.
 
Ecco la mia voce estinta. Ecco la mia anima caduta.
I vani sforzi. La sete ferita e infranta.
Ecco le mie agili pietre che tornano e mi colpiscono.
Le alte luci bianche che danzano e si estinguono.
Le umide stelle assolute e assorte.
Ecco le stesse pietre che sollevò la mia anima in combattimento.
Ecco la stessa notte da dove ritornano.
 
Sono il più dolente e il più debole. Desidero.
Desidero, soffro, cado. Il vento immenso sferza!
Ah, il mio dolore, amici, non è più dolore umano!
Ah, il mio dolore, amici, non sta più nell'ombra!
Nella notte, tutta di astri freddi ed erranti,
faccio girar le mie braccia come due pale impazzite.
 
 
E’ come una marea...
 
È come una marea, quando lei fissa su me
i suoi occhi neri,
quando sento il suo corpo di creta bianca e mobile
tendersi e palpitare presso il mio,
è come una marea, quando lei è al mio fianco.
 
Disteso davanti ai mari del Sud ho visto
arrotolarsi le acque ed espandersi
incontenibilmente
fatalmente
nelle mattine e nei tramonti.
 
Acqua delle risacche sulle vecchie orme,
sulle vecchie tracce, sulle vecchie cose,
acqua delle risacche che dalle stelle
s'apre come una rosa immensa,
acqua che va avanzando sulle spiagge come
una mano ardita sotto una veste,
acqua che s'inoltra in mezzo alle scogliere,
acqua che s'infrange sulle rocce,
e come gli assassini silenziosa,
acqua implacabile come i vendicatori
acqua delle notti sinistre
sotto i moli come una vena spezzata,
o come il cuore del mare
in una irradiazione tremante e mostruosa.
 
È qualcosa che dentro mi trasporta e mi cresce
immensamente vicino, quando lei è al mio fianco,
è come una marea che s'infrange nei suoi occhi
e che bacia la sua bocca, i suoi seni, le mani.
Tenerezza di dolore e dolore d'impossibile,
ala dei terribili
che si muove nella notte della mia carne e della sua
con un'acuta forza di frecce nel cielo.
 
Qualcosa d'immensa fuga,
che non se ne va, che graffia dentro,
qualcosa che nelle parole scava pozzi tremendi,
qualcosa che, contro tutto s'infrange, contro tutto,
come i prigionieri contro le celle!
 
Lei, scolpita nel cuore della notte,
dall'inquietudine dei miei occhi allucinati:
lei, incisa nei legni del bosco
dai coltelli delle mie mani,
lei, il suo piacere unito al mio,
lei, gli occhi suoi neri,
lei, il suo cuore, farfalla insanguinata
che con le due antenne d'istinto m’ha toccato!
 
Non sta in questo stretto altopiano della mia vita!
E’ come un vento scatenato!
 
Se le mie parole trapassano appena come aghi
dovrebbero straziare come spade o come aratri!
 
E’ come una marea che mi trascina e mi piega,
è come una marea, quando lei è al mio fianco!
 
 
Sei tutta spume...
 
Sei tutta spume agili e leggere
e i baci ti percorrono e t'irrigano i giorni.
Il mio gesto, la mia ansietà, pendono dai tuo sguardo.
Vaso di risonanze e di stelle prigioniere.
Son stanco, tutte le foglie cadono, muoiono.
Cadono, muoiono gli uccelli. Cadono, muoiono le vite.
Stanco, son stanco. Vieni, desiderami, fammi vibrare.
Oh, mia povera illusione, mia accesa ghirlanda!
L'ansia cade, muore. Cade. muore il desiderio.
Cadono, muoiono le fiamme nella notte infinita.
 
Fiammata di luci, colomba di crete bionde,
liberami da questa notte che incalza e distrugge.
 
Sommergimi nel tuo nido di vertigine e di carezza.
Desiderami, trattienimi.
L'ebbrezza all'ombra fiorita dei tuoi occhi,
le cadute, i trionfi, gli sbalzi della febbre.
Amami, amami, amami.     
In piedi ti grido! Amami.     
Infrango la mia voce gridandoti e faccio ore di fuoco
nella notte pregna di stelle e di levrieri.
Infrango la mia voce e grido. Donna, amami, desiderami.
La mia voce arde nei venti, la mia voce che cade e muore.
 
Stanco. Son stanco. Fuggi. Allontanati. Estinguiti.
Non imprigionare la mia sterile testa tra le tue mani.
Mi segnino la fronte le fruste del gelo.
La mia inquietudine si sferzi con i venti dell'Atlantico.
Fuggi. Allontanati. Estinguiti. La mia anima deve star sola.
Deve crocifiggersi, sbriciolarsi, rotolare,
versarsi, contaminarsi sola,
aperta alla marea dei pianti,       
ardendo nel ciclone delle furie,   
eretta tra i monti e tra gli uccelli, 
distruggersi, sterminarsi sola,      
abbandonata e unica come un faro di spavento.
 
 
Sento la tua tenerezza…
 
Sento la tua tenerezza avvicinarsi alla mia terra,
spiare lo sguardo dei miei occhi, fuggire,
la vedo interrompersi, per seguirmi fino all'ora
del mio silenzio assorto, della mia ansia di te.
Ecco la tua tenerezza d'occhi dolci che attendono.
Ecco la tua bocca, parola mai pronunciala.
Sento che mi salgono i muschi della tua pena
e mi cresce tentoni nell'anima infinita.
 
Questo era l'abbandono, e lo sapevi,
era la guerra oscura del cuore e lutti,
era il lamento spezzato di angosce commosse,
e l'ebbrezza, e il desiderio, e il lasciarsi andare,
ed era questo la mia vita
era questo che l'acqua dei tuoi occhi recava,
questo che stava nel cavo delle tue mani.
 
Ah farfalla mia e voce di colomba,
ah coppa, ah ruscello, ah mia compagna!
Il mio richiamo ti raggiunse, dimmi, ti raggiungeva,
nelle aperte notti di gelide stelle
ora, nell'autunno, nella danza gialla
dei venti affamati e delle foglie cadute!
 
Dimmi, ti giungeva,
ululando o come, o singhiozzando,
nell'ora del sangue fermentato
quando la terra cresce e vibra palpitando
sotto il sole che la riga con le sue code d'ambra?
Dimmi, m'hai sentito
arrampicarmi fino alta tua forma per tutti i silenzi,
per tutte le parole?
 
Mi son sentito crescere. Mai ho saputo verso dove.
Al di là di tè. Lo capisci, sorella?
Il frutto s'allontana quando arrivan le mie mani
e rotolano le stelle prima del mio sguardo.
 
Sento che sono l'ago di una freccia infinita,
che penetra lontano, mai penetrerà,
treno di umidi dolori in fuga verso l'eterno,
gocciolando in ogni terra singhiozzi e domande.
 
Ma eccola, la tua forma familiare, ciò ch'è mio,
il tuo, ciò ch’è mio, ciò ch'è tuo e m'inonda,
eccola che mi empie le membra di abbandono,
eccola, la tua tenerezza,
che s'attorce alle stesse radici,
che matura nella stessa carovana di frutta,
ed esce dalla tua anima spezzata sotto le mie dita
come il liquore del vino dal centro dell'uva.
 
 
Amica non morire...
 
Amica, non morire.
 
Ascolta queste parole che m'escono ardendo
e che nessuno direbbe se io non le dicessi.  
 
Amica, non morire.
 
Son io colui che t'attende nella notte stellata.
Colui che sotto il tramonto insanguinato t'attende.
 
Guardo cadere i frutti nella terra cupa.
Guardo danzare le gocce di rugiada nell'erba.
 
Nella notte al denso profumo delle rose,
quando danza la ronda delle ombre immense.
 
Sotto il cielo del Sud, chi t'attende quando
l'aria della sera bacia come una bocca.
 
Amica, non morire.
 
Son io colui che tagliò le ghirlande ribelli
per il giaciglio selvatico fragrante di sole e di selva.
 
Colui che recò tra le braccia gialli giacinti.
E rose lacerate. E papaveri insanguinati.
 
Colui che incrociò le braccia per attenderti, ora.
Colui che spezzò i suoi archi. Colui che piegò le sue frecce.
 
Son io colui che sulle labbra conserva sapore d'uva.
Grappoli sfregati. Morsi vermigli.
 
Colui che ti chiama dalle pianure germogliate.
Son io colui che nell'ora dell'amore ti desidera.
 
L'aria della sera dondola gli alti rami.
Ebbro, cuor mio, sotto Dio, vacilla.
 
Il fiume scatenato scoppia a piangere e a volte
la sua voce s'assottiglia e si fa pura e tremula.
 
Risuona, al tramonto, l'azzurro lamento dell'acqua.
Amica, non morire!
 
Son io colui che ti attende nella notte stellata,
sopra le spiagge auree, sopra le bionde aie.
 
Colui che colse i giacinti per il tuo ietto, e le rose.
Disteso tra le erbe son io colui che ti attende!
 
 
Lasciami libere le mani...
 
Lasciami libere le mani
e il cuore, lasciami libero!
Lascia che le mie dita scorrano
per le strade del tuo corpo.
La passione - sangue, fuoco, baci -
m'accende con tremule fiammate.
Ahi, tu non sai cos'è questo!
 
È la tempesta dei miei sensi
che piega la selva sensibile dei miei nervi.
È la carne che grida con le sue lingue ardenti
E l'incendio!
E tu sei qui, donna, come un legno intatto
ora che tutta la mia vita fatta cenere vola
verso il tuo corpo pieno, come la notte, d’astri
 
Lasciami libere le mani
e il cuore, lasciami libero!
Io solo ti desidero, ti desidero solamente!
Non è amore, è desiderio che inaridisce e s'estingue,
è precipitare di furie,
avvicinarsi dell'impossibile,
ma ci sei tu,
ci sei tu per darmi tutto,
e per darmi ciò che possiedi sei venuta sulla terra -
com'io son venuto per contenerti,
desiderarti,
riceverti!
 
 
Anima mia!
 
Anima mia! Anima mia! Radice della mia sete errante,
goccia di luce che spaventa gli assalti del mondo.
Fior mio. Fiore della mia anima. Terra dei miei baci.
Rintocchi di lacrime. Turbine di voci.
Acqua viva che scivola il suo lamento tra le mie dita.
Azzurra e alata come gli uccelli e il fumo.
La mia nostalgia t'ha partorito, la mia sete, l'ansia, il terrore.
E sbocciasti tra le mie braccia come il frutto nel fiore.
 
Circolo d'ombra, linea sottile e pensierosa.
Rampicante crocifisso sopra un muro.
Canzone, sogno, destino. Fior mio, fiore della mia anima.
Palpito di sogno, farfalla, crepuscolo.
 
Nell'alta notte la mia anima si contorce e si spezza.
La castigano le fruste del sogno e la scavano.
Per questa immensità non v'è più nulla sulla terra.
Non v'è più nulla.
Le ombre si sconvolgono e precipita tutto.
Cadono sulle mie rovine le travi della mia anima.
 
Non brillano gli astri freddi e bianchi.
Tutto si rompe e cade. Tutto si cancella e passa.
E il dolore che ulula come un pazzo in un bosco.
Solitudine della notte. Solitudine della mia anima.
Il grido, l'urlo. Non v'è più nulla sulla terra!
La furia che spaventa i canti e le lacrime.
Solo l'ombra sterile spezzata dalle mie grida.
E la parete del ciclo tesa contro la mia anima!
 
Sei. Allora sei e ti cercavo allora.
Sei! Labbra di bacio, frutto di sogni, tutto.
Sei, sei e ti amo! Ti chiamo e mi rispondi!
Luminaria di luna sopra i campi soli.
Fior mio, fiore della mia anima, che altro per questa vita!
La tua voce, il tuo gesto pallido, la tua tenerezza, i tuoi occhi.
La sottile carezza che ti fa arder tutta.
Le tue braccia che emergono come giunchi di stupore.
Tutto il tuo corpo arso di bianchezza nel ventre.
Le gambe pigre. Le ginocchia. Le spalle.
La chioma d'ali nere che van volando.
I ragni oscuri del pube in riposo.            
 
 
Empiti di me...
 
Empiti di me.
Desiderami, stremami, versami, sacrificami.
Chiedimi. Raccoglimi, contienimi, nascondimi.
Voglio esser di qualcuno, voglio esser tuo, è la tua ora.
Sono colui che passò saltando sopra le cose,
il fuggitivo, il dolente.
 
Ma sento la tua ora,
l'ora in cui la mia vita gocciolerà sulla tua anima,
l'ora delle tenerezze che mai non versai,
l'ora dei silenzi che non hanno parole,
la tua ora, alba di sangue che mi nutrì d'angosce,
la tua ora, mezzanotte che mi fu solitaria.
 
Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima.
Io sono ciò che geme, che arde, che soffre.
Io sono ciò che attacca, che ulula, che canta.
No, non voglio esser questo.
Aiutami a rompere queste porte immense.
Con le tue spalle di seta disseppellisci queste ancore.
Così una sera crocifissero il mio dolore.
 
Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima.
Voglio non aver limiti ed elevarmi verso quell'astro.
Il mio cuore non deve tacere oggi o domani.
Deve partecipare di ciò che tocca,
dev'essere di metalli, di radici, d'ali.
Non posso esser la pietra che s'innalza e non torna,
non posso essere l'ombra che si disfa e passa.
 
No, non può essere, non può essere.
Allora griderei, piangerei, gemerei.
Non può essere, non può essere.
Chi avrebbe rotto questa vibrazione delle mie ali?
Chi m'avrebbe sterminato? Quale disegno, quale parola?
Non può essere, non può essere, non può essere.
Liberami di me. Voglio uscire dalla mia anima.
 
Perché tu sei la mia rotta. T'ho forgiata in lotta viva.
Dalla mia lotta oscura contro me stesso, fosti.
Hai da me quell'impronta di avidità non sazia.
Da quando io li guardo i tuoi occhi son più tristi.
Andiamo insieme. Spezziamo questa strada insieme.
Sarò la tua rotta. Passa. Lasciami andare.
Desiderami, stremami, versami, sacrificami.
Fai vacillare le cinte dei miei ultimi limiti.
 
E che io possa, alfine, correre in fuga pazza,
inondando le terre come un fiume terribile,
sciogliendo questi nodi, ah Dio mio, questi nodi,
spezzando,
bruciando.
distruggendo
come una lava pazza ciò che esiste,
correre fuor di me stesso, perdutamente,
libero di me, furiosamente libero.
Andarmene,
Dio mio,
andarmene!
 
 
Canzone del maschio e della femmina!
 
Canzone del maschio e della femmina!
II frutto dei secoli
che spreme il suo succo
nelle nostre vene.          
 
La mia anima che si diffonde nella tua carne distesa
per uscire migliore da te,
il cuore che si sparge 
stirandosi come una pantera,
e la mia vita, sbriciolata, che si annoda
a te come la luce alle stelle!
 
Mi ricevi
come il vento la vela.
 
Ti ricevo
come il solco il seme.
 
Addormentati sui miei dolori
se i mici dolori non ti bruciano,
legati alle mie ali,
forse le mie ali ti porteranno,
dirigi i miri desideri,
forse li duole la loro lotta.
 
Tu sei l'unica cosa che posseggo
da quando persi la mia tristezza!
 
Lacerami come una spada
o sentimi come un'antenna!
 
Baciami,
mordimi,
incendiami,
che io vengo alla terra
solo per il naufragio dei miei occhi di maschio
nell'acqua infinita dei tuoi occhi di femmina!
 
 
Schiava mia, temimi...
                                                                        
Schiava mia, temimi. Amami, Schiava mia!
Sono con te il tramonto più ampio del mio cielo,
e in esso la mia anima spunta come una stella fredda.
Quando da te si allontanano i miei passi tornano a me.
La mia stessa frustata cade sulla mia vita.
Sei ciò ch'è dentro di me ed è lontano.
Fuggendo come un coro di nebbie inseguite.
Vicino a me, ma dove? Lontano, ciò ch'è lontano.
E ciò che essendo lontano cammina sotto i miei piedi.
L'eco della voce oltre il silenzio.
E ciò che nella mia anima cresce come il muschio sulle rovine.
 
 
Sete di tè m'incalza...
 
Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.
 
Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.
 
Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla,
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda atroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane,
Gli occhi hanno sete, perché esistono i tuoi occhi.
 
La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste brage che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo,
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.
 
 
E’ vero. amata mia...
 
È vero, amata mia, sorella mia, è vero!
Come le bestie grige che pascolano nei chiusi,
e nei chiusi si amano, come le bestie grige!
 
Come le caste ebbre che popolarono la terra
uccidendosi e amandosi, come le caste ebbre!
 
Come il palpito delle corolle aperte
che condividono la gioia futura della semina,
come il palpito delle corolle aperte!
 
Spinto dai disegni della terra
come un'onda nel mare verso te va il mio corpo.
E tu, nella tua carne, rinchiudi
le pupille assetate con cui guarderò quando
questi occhi che Ilo mi s'empiranno di terra.
 
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